La coalizione che sostiene Giovanna Marano ha reso pubblico questo programma per l'agricoltura:
Agricoltura di prossimità e alimentazione sostenibile
Fino ad oggi.
» Negli ultimi cinque anni l’agricoltura siciliana ha perso oltre 50 mila aziende. Malgrado le conseguenze della crisi che rischiano di mettere fuori mercato altre migliaia di imprese agricole siciliane, resta vivo un tessuto di circa 230 mila aziende. È un tessuto produttivo che, senza considerare l’indotto, assicura più di 15 milioni di giornate lavorative ad oltre 130 mila braccianti, producendo 4,5 miliardi di euro.
» Oggi questa realtà si trova a dover subire una riduzione di reddito stimata del 25%, una perdita di ricchezza
attorno agli 800 milioni di euro per l’intero comparto.
» Un altro fattore di indebolimento delle aziende agricole siciliane deriva dall’impossibilità di un reale
accesso al credito.
» Negli ultimi dieci anni la cementificazione ha divorato il 28% di terreno all’agricoltura, mettendo a rischio il patrimonio paesaggistico siciliano e aumentando la dipendenza dall’estero di derrate alimentari.
» Nell’agricoltura siciliana, più che in altri settori economici, si vive il paradosso di “comprare i palazzi per rivendere i mattoni”. Il modello produttivo agricolo siciliano è troppo dipendente da mezzi di produzione
(chimici, meccanici, assicurativi e finanziari) esterni al settore primario. Acquistiamo materie seconde e rivendiamo le nostre materie prime.
» Il disavanzo della bilancia agroalimentare siciliana (la differenza tra i prodotti agricoli che vendiamo fuori dalla Sicilia e quelli che acquistiamo per i consumi primari delle famiglie) è di circa 9 miliardi, vale a dire 1,5 volte il deficit del bilancio regionale.
D’ora in poi.
» L’agricoltura siciliana deve riorientare l’offerta verso il mercato locale (5 milioni di siciliani che mangiano ogni giorno) e verso quello extraregionale delle eccellenze.
» Occorre puntare a costruire strutture associative per la concentrazione dell’offerta, con una valorizzazione commerciale del prodotto, riducendo i costi di produzione e la filiera commerciale.
» Difendere le aree rurali e l’agricoltura delle aree interne.
» Potenziare i controlli sui prodotti provenienti da paesi terzi, costituendo una cabina di regia tra tutte le
autorità preposte ai controlli sanitari e doganali.
» Attuare azioni di contrasto alla criminalità nelle campagne, realizzando un protocollo d’intesa tra le
forze dell’ordine, gli enti locali, le organizzazioni del settore agricolo e puntare alla trasparenza sui prezzi e sui processi di transazione commerciale.
» Realizzare un marchio unico regionale di Sicilia nel cui ambito si sviluppi la difesa dalle imitazioni e la promozione dei prodotti tipici regionali.
» Garantire per ampie fasce del territorio, come nel caso della limonicoltura della fascia Ionica, una politica di salvaguardia del territorio e di valorizzazione del paesaggio.
» Riorganizzare la ricerca e l’assistenza tecnica in agricoltura in armonia con l’attività delle università e dei
centri di ricerca, nonché degli Istituti sperimentali.
» Produrre una legge sulll’agricoltura biologica. La Sicilia è la regione che ha il maggior numero di aziende
biologiche (circa 7500) e la maggiore superficie destinata a coltivazioni bio (circa 19.000 ettari).
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