Pubblico oggi la risposta che il Presidente dell'EPAP, dott. geol. Arcangelo Pirrello, ha dato al collega dott. agr. Alberto Grimelli.
Egregio collega
Contro i travasi di bile che le dovessero occorrere leggendo articoli altrui, le posso suggerire di sentire anche l'altra versione dei fatti (c'è sempre un'altra versione). Nello specifico potrebbe scrivere a me direttamente e io le risponderei privatamente e/o pubblicamente, come ho sempre fatto quando ho ritenuto fosse utile e opportuno. Tutto
ciò, naturalmente, se Lei è veramente animato da sincero spirito di conoscenza e di preoccupazione per la sua pensione e non da animosità di critica per la speculazione essendo però, anche quest'ultima, legittima e degna di rispetto.
Preliminarmente le assicuro che se c'è una cosa che non mi manca è il rispetto nei confronti degli iscritti; è raro che non risponda a un iscritto, mentre non rispondo mai ad articoli come quelli che Le provocano i disturbi gastrici che lamenta. A Lei risponderò anche se mi scrive attraverso una rivista, perché è un giovane collega, perché intuisco che è in buona fede e perché mi stuzzica il suo spirito ironico. Tra l'altro, siccome, forse, nella comunicazione del nostro sito non mi sono spiegato bene, le devo sicuramente qualche
chiarimento.
1° Chiarimento: Lei non deve, la prego, sentirsi preso per i fondelli (non mi permetterei mai) e se ne ha avuto anche la benché minima sensazione, me ne scuso sinceramente.
Vorrei dare una interpretazione autentica all'espressione un poco iperbolica da me usata: "Investire non è facile, ciascuno di noi, oggi come oggi, se ereditasse mezzo milione di euro avrebbe serie difficoltà ad investirlo in modo sicuro e redditizio, provare per credere".
Era solo un invito a immedesimarsi, per quanto possibile, nelle difficoltà dell'investire "oggi come oggi" in questa maledetta crisi economica e finanziaria. Mi pare che ciò sia innegabile: l'Epap esiste dal 1999 e non abbiamo avuto alcun problema fino al 2007, anno in cui ha cominciato a profilarsi la crisi finanziaria che si è aggravata negli anni successivi e che è ancora in corso. Tutti i guai delle banche, come delle aziende, delle famiglie, delle persone e persino di interi stati sono iniziati alla fine del 2007 con la crisi, e perdurano ancora con la crisi. Non volevo certo dire che il patrimonio dell'Ente si investe "provandoci" e mi dispiace se lei ha capito così. Al contrario, egregio collega, il patrimonio dell'Ente si investe con competenza e rigore scientifici, con estrema prudenza e con enorme senso di responsabilità e buon senso, le uniche armi di cui è consentito disporre contro la estrema incertezza degli attuali mercati finanziari.
Veda, considero l’ironia il sale della vita, ma davanti ad argomenti di estrema serietà e delicatezza come questi, non solo non sono ironico io stesso, ma considero dissacrante l'ironia medesima e non consento a nessuno di praticarla con disinvoltura e senza una necessaria base informativa, se non culturale (absit iniuria verbis). Questo lo dico con il massimo rispetto ma anche con fermezza.
Altro che consultazioni pubbliche e referendum, i nostri bilanci sono lì pubblicati a testimoniare come alla fine del 2007, ma soprattutto nel 2008 e per abbrivio anche nel 2009, ci sia stato un momento di grande difficoltà dovuto alla crisi, che è stato però affrontato con grande tempestività ed energia. Sempre dai bilanci si evince come dal 2010 in poi (2011 e 2012 compresi) sia iniziata la fase positiva, nonostante il fondo della crisi (almeno si spera), sembra che si sia toccato proprio nel 2011.
Lei stesso caro collega, quando parla di BTP e di Lehman Brothers dimostra quanto si pensi che sia facile investire e quanto invece sia difficile. E’ vero, nel 2012 abbiamo avuto un rendimento medio (sull'intero patrimonio investito) di circa il 4%, lo confermo e ne siamo particolarmente orgogliosi. I BTP avrebbero reso lo stesso? Bravo, anche di più (5% o 6%) ma intanto me lo sta dicendo adesso, nel febbraio del 2013 e dimenticando ciò che è successo nella fine del 2011, quando il differenziale di rendimento tra i nostri titoli di stato e i bund tedeschi che era arrivato a 550 b.p., è caduto il Governo italiano e, successivamente, per obbligare le Banche Italiane a comprare i nostri Titoli, la BCE ha dovuto quasi regalare (all'1%) denaro alle stesse.
Ma anche se avessimo avuto la sfera di cristallo per essere sicuri del 4% o più del BTP, lei crede che avremmo investito l'intero patrimonio in BTP come suggerisce? Si sarebbero dovuti riaprire i manicomi per ricoverarci, ma lei non sarebbe stato dei nostri perché non avrebbe avuta alcuna responsabilità. Caro collega, per usare una metafora sempre valida, nessuno trasporta tutte le uova che possiede in un unico paniere. Il patrimonio serve per dare le pensioni (l'ultima pensione all'ultima vedova/vedovo di iscritto fino ai prossimi 50 anni, così come previsto e verificato nell'ultimo bilancio tecnico attuariale dell'Epap, in condizioni di stress test); il patrimonio non si può rischiare, deve essere gestito con grande prudenza e, soprattutto, differenziando più possibile gli investimenti. Quanto ai BTP, se pure avessimo investito anche parzialmente in questi titoli per avere quel 4% (o 5% o 6%) avremmo dovuto farlo quando il rischio era altissimo, perché è proprio il rischio che fa lievitare i rendimenti dei BTP e dunque il differenziale con i rendimenti dei titoli tedeschi. A proposito, non faccia, la prego, il paragone con i titoli Lehman Brothers, almeno non con quelli sottoscritti da noi: ma chi lo dice che erano titoli tossici? Erano titoli prudenziali con tanto di garanzia di restituzione del capital. Erano stati sottoscritti con la Lehman Brothers Treasury olandese e la garanzia di restituzione del capitale era stata sottoscritta con la Lehman Brothers Holding, la casa madre, la quarta banca del pianeta, quella che è fallita il 15 settembre del 2008, il giorno prima della scadenza del nostro Bond principale. Due volte sfortunati, se si considera che la Lehmann Brothers è stata l'unica grande banca in difficoltà del mondo che non è' stata aiutata dai governi ed è stata fatta fallire.
Quanto poi al confronto tra titoli di stato italiani attuali e titoli Lehman Brothers, se i Rating hanno un valore, Lehman Brothers il giorno prima del fallimento aveva il massimo: la tripla A.
Tutto questo le dico ma non certo per il gusto o il puntiglio di rintuzzare ogni sua affermazione, per carità lei potrà continuare a pensarla allo stesso modo su tutto, anzi non dubito minimamente che lo farà, ma solo per dire a Lei e a tutti gli iscritti che ci leggeranno, che oggi, nel campo della finanza non ci sono punti di riferimento sicuri: aggettivi come "garantito" hanno perso significato, e non esistono eventi certi. Esiste ed è sempre esistito, invece, una cosa che si chiama Volatilità, la cui la definizione più semplice è "la variazione del prezzo di un titolo nel tempo rispetto al mercato di riferimento" ; ebbene questa crisi è caratterizzata da una enorme volatilità che fa aumentare in modo esponenziale il grado di incertezza.
Per quanto ci riguarda, già alla fine del 2008 ci siamo resi conto che quella in corso non era una crisi passeggera come le altre, ma una crisi strutturale di portata epocale: abbiamo capito che niente sarebbe stato come prima e ci siamo attrezzati con una nuova, più complessa ed efficace strategia di investimento. Siamo passati a un sistema altamente reattivo di sette gestioni a controllo in tempo reale. Ciascuna gestione segue una propria filosofia o se si vuole un proprio progetto, equilibrandosi tra loro in modo tale che ci sia un risultato complessivo che tenda all'obiettivo di rendimento prefissato nel bilancio di previsione. Il tutto per passare indenni attraverso le tempeste di volatilità e perseguire una strategia complessiva che, data la situazione di crisi, non poteva essere che estremamente prudenziale, che tendesse, soprattutto, alla conservazione del capitale e solo secondariamente ai rendimenti; e tutti sanno che accettando meno rischio bisogna aspettarsi minori rendimenti.
Ebbene questa nuova strategia, dal 2010 (e soprattutto nel terribile 2011) ha pagato: gli obiettivi prefissati sono stati tutti rispettati e abbiamo iniziato, già dal 2010 a ricostruire le riserve, continuando anche nei due anni successivi. Non mi pare che tutto questo possa essere metaforizzato con un gioco al casinò (rosso, nero, vince perde e altre facezie di gusto), sebbene possa essere descritto banalizzandolo come io ho fatto (un titolo può perdere e un altro guadagnare), e questa è la realtà altrimenti a che servirebbe la differenziazione se fossimo sicuri che tutti i titoli dovranno guadagnare?)
Ma allora, la determinazione della corte dei Conti? Ho già' detto che è stata "ingenerosa" e c’è stato qualche equivoco. Ho detto pure troppo per il rispetto che si deve alla Magistratura, sono certo che lei, caro Grimelli, capirà questa mia affermazione. Non pretendo alcun complimento da parte di nessuno, non ne abbiamo alcun bisogno; abbiamo invece bisogno, come tutti, di critiche serene e costruttive, e di inequivocabili proposte concrete per crescere.
Dunque va bene così e accetto la determinazione della Corte interpretandola, perché questo è l’unico modo di farlo.
Le fornirò le cifre che Lei stesso può ricavare dai nostri bilanci pubblicati e che sono gli stessi esaminati dalla Corte dei conti, ma prima mi preme descrivere il meccanismo di contabilizzazione.
Una valutazione corretta e completa della situazione, non può essere limitata a un singolo aspetto del portafoglio, ma deve essere fatto sull’intero portafoglio nel suo complesso. Inoltre non si può prescindere dal porre in relazione in maniera contrapposta gli oneri (leggi perdite) ai proventi (leggi rendite) della gestione finanziaria. Il risultato della gestione finanziaria per gli esercizi 2010 e 2011, al netto degli oneri risulta positivo rispettivamente di 8,05 milioni e 4,28 milioni (come già detto il 2011 è stato un anno di eccezionale volatilità). Pur senza mettere i due aspetti, utili e perdite, in relazione
contrapposta in maniera esplicita, la stessa Corte - a pag. 2, secondo capoverso, rileva che “…il miglioramento degli utili è determinato essenzialmente da maggiori proventi della gestione mobiliare (30,3 milioni del 2011 rispetto a 16,8 milioni del 2010”).
Nel triennio 2007-2009 l’Ente ha conseguito perdite nette per. 22.793.303 (e non per – 51,1 mil) ciò si rileva facendo correttamente la somma algebrica tra rendite e perdite [(29.324.960) + (-33.228.207)] a questo risultato vanno sommati gli accantonamenti prudenziali al fondo svalutazione titoli (-38.971.433), le riprese di valore degli stessi (7.876.380), la consistenza finale del fondo a fine triennio (13.187.936) e gli oneri di gestione (- 982.939).
Nel biennio 2010-2011 l’Ente ha conseguito, utili netti per 17.941.372 e non perdite nette per – 24,4 mil, ciò si rileva facendo correttamente la somma algebrica tra rendite e perdite [(47.158.251 + (- 26.930.829)] a questo risultato vanno sommati gli accantonamenti prudenziali al fondo svalutazione titoli (-6.867.709), le riprese di valore degli stessi (2.517.573), la consistenza finale del fondo a fine biennio (5.336.134) e gli oneri di gestione (-3.272.048).
Dunque nel triennio 2007-2009 perdite nette per 22.793.303 e nel biennio 2010-2011 utili netti per 17.941.372 .
La cifra di -75.5 mil. (non reale, come ritengo di avere dimostrato) si ottiene semplicemente sommando la cifra non reale di - 51,1 alla cifra non reale di – 24,4 mil. Ma si tratta di un semplice equivoco. Circa l’evidenza delle perdite maggiori nel biennio c’è una spiegazione. La ristrutturazione del portafoglio mobiliare, resasi necessaria per la nuova strategia di investimento ha prodotto puntualmente gli effetti previsti a cominciare dal 2010. La strategia impostata nella gestione degli investimenti prevede, così come del resto raccomandato dalla stessa Corte, principi di prudenza, nella costante ricerca dell’equilibrio tra rendimento e rischio. E proprio nel rispetto di questi principi che l’Ente nel 2011, di fronte alla profonda incertezza sui mercati registrata nel corso dell’anno (ricordiamo solo che in quel periodo era diffuso il fondato timore di tenuta del nostro paese e della moneta unica europea) ha adottato un profilo di estrema prudenza che ha consentito di non subire mai nel corso dell’anno, anche nelle settimane più tragiche, rendimenti negativi del portafoglio complessivo.
La scelta strategica descritta ha portato a privilegiare gli investimenti in gestioni patrimoniali su conti segregati presso una banca depositaria, a scapito degli investimenti in fondi. Ciò consente di avere innanzitutto la piena titolarità degli attivi sottostanti e dei depositi che li custodiscono, come la piena trasparenza sui titoli oggetto di gestione, prezzi di acquisto e vendita e costi di transazione. Differentemente dall’investimento in fondi, la gestione patrimoniale, contabilizzando ogni singola transazione, rende trasparente l’utile e la perdita su ciascun titolo così come i costi e le commissioni. Il fondo invece rende pubblico (attraverso la NAV – Valore Netto degli Asset) solo il risultato finale algebrico di tutti i titoli che compongono il sottostante del fondo. In sintesi, a parità di risultati conseguiti, l’Ente con le gestioni, registra sia gli utili che le perdite, come le commissioni, mentre precedentemente con i Fondi si registra solo il risultato netto.
Ancora di più nello specifico, l’Ente, proprio per ridurre il rischio complessivo, ha conferito mandati di gestione con profili di prudenza. I gestori, dunque, hanno attivato operazioni di copertura dal rischio cambio per le quote di titoli espressi in valuta estera.
Pertanto nei casi in cui si assiste al deprezzamento della valuta in cui sono espressi i titoli della gestione, subentra un apprezzamento delle garanzie in valuta e viceversa. Entrambe con chiara rappresentazione degli opposti effetti contabili (utili e perdite su cambi) e non delle sole differenze come nel caso dei fondi.
Quanto poi alla trasparenza, nel 2008, la legge consentiva di esporre i titoli ai valori del 2007 senza evidenziare le perdite dell’anno; abbiamo scelto di non avvalerci di tale facoltà, svalutando per intero tutte le minusvalenze maturate. Così abbiamo sempre fatto e, avendo atteso ai più rigorosi principi di trasparenza e rappresentazione dei fatti di gestione, l’Ente non può essere penalizzato da valutazioni non complete. E' per lo meno corretto che ogni singola voce di bilancio debba essere valutata ed interpretata insieme alla sua voce contrapposta così come rappresentato in bilancio.
E’ necessario, caro collega Grimelli, leggere direttamente i bilanci o sentire “l’altra versione in contraddittorio”, prima di parlare di “conti in disordine”, perché con i conti in disordine che riguardano i risparmi sudati dei colleghi si va in galera ed è giusto che sia così, altro che dimissioni. Soprattutto deve sapere che i nostri bilanci passano ai seguenti vagli, nell’ordine: il Consiglio d’amministrazione – i sindaci revisori – i Comitati dei Delegati – il Consiglio d’indirizzo generale – la società esterna di revisione e certificazione - ll Ministero del Lavoro – il Ministero dell’Economia – la Corte dei Conti – la Commissione
bicamerale per la previdenza.
2° Chiarimento: Sono contento che Lei, Grimelli, condivida il mio appello alla creazione di montanti più sostanziosi. Però non definirei una fregatura la facoltà degli iscritti subtrentenni di versare fino a un terzo (e non la metà) del contributo soggettivo obbligatorio (il 10%). Proprio perché si tratta di facoltà e non di obbligatorietà, il giovane iscritto, se vuole (e ne ha la possibilità) può versare volontariamente il contributo massimo che è del 26%. Secondo lo spirito del provvedimento, all’inizio della professione il giovane iscritto viene agevolato alleggerendolo di parte del contributo soggettivo per tre anni, poi
nulla toglie che il medesimo giovane iscritto, (lei stesso, Grimelli) divenuto più anziano e acquisita maggior capacità di produrre reddito, per recuperare montante versi percentuali maggiori del 10% (fino al 26%). Il problema non sta nelle percentuali da versare che, fatto salvo il minimo obbligatorio sono molto elastiche, ma nel lavoro che scarseggia sia per giovani, sia per anziani. Quanto poi a riconoscere contributi figurativi ai soli giovani, non solo non si possono fare disparità con gli anziani, ma l’operazione non è proprio consentita dalla legge. Gli unici contributi figurativi che si possono riconoscere sono per motivi di
assistenza: l’Epap riconosce contributi soggettivi figurativi agli iscritti in caso di premorienza, di inabilità o di invalidità grave. Si riconoscono contributi figurativi dal giorno del decesso e fino all’età figurativa di 60 anni e, lo stesso, dal giorno di conseguita inabilità o invalidità grave fino a 60 anni, calcolandoli sulla media degli ultimi cinque anni di contribuzione.
3° Chiarimento: - Mi dispiace deluderla ancora, ma con il fondo di riserva non si possono aumentare i montanti. Sia noi che gli altri Enti previdenziali ex d.lgs 103/96 che, a scanso di equivoci nomino (Enpapi, Eppi, Enpap, Enpab, Epap) da anni chiediamo ai Governi e al Parlamento che i montanti vengano impinguati con risorse altre, come le plus valenze e il corrispettivo della doppia tassazione oltre che con un aumentato contributo integrativo.
L’unica risoluzione che siamo riusciti ad ottenere è stata la Legge Lo Presti che consente l’aumento del contributo integrativo e riconosce la facoltà di versarlo nei montanti. Su questa legge abbiamo fatto la riforma contributiva che in questo momento ha subito una battuta d’arresto presso il Ministero del Lavoro a causa di una interpretazione restrittiva contro la quale abbiamo fatto ricorso al TAR Lazio.
A proposito, il fondo di riserva non è quasi vuoto, dal 2010 abbiamo iniziato a ricostituirlo, alla fine del 2011 era di 11.474.096 ai quali si deve aggiungere il risultato del 2012 che risulterà da bilancio consuntivo in preparazione
4° Chiarimento: Per la tragicissima allocuzione latina (mors tua…) traggo subito la conclusione ma non è quella che si aspetta.
Se avesse letto quello che da anni scrivo, saprebbe che ho già allarmato da lungo tempo gli iscritti per le nostre pensioni da “fame”. Perché saranno inevitabilmente da “fame” e la mia più della sua, Grimelli, per il semplice fatto che io non potrò contribuire che per pochi anni, mentre Lei completerà il ciclo (se è vero che ha usufruito della contribuzione ridotta per età). L’unico modo per ha per non morire di fame in vecchiaia non è quello di invocare la “mors mea” ma di pensare costantemente alla vecchiaia ora,
mentre è giovane (per la verità con la sua lettera dimostra di farlo) e di contribuire il più possibile (il massimo è il 26%), tutto ciò che contribuirà con un’aliquota superiore a quella obbligatoria (ora il 10%) potrà considerarla “pensione complementare”; anzi meglio, perché se gli stessi soldi li versa in un fondo pensione potrà detrarre dalle tasse solo il 50% mentre se li versa all’Epap potrà detrarre tutto.
Sono in grado di assicurarLa e di assicurare tutti che le nostre vicissitudini finanziarie (anche gli altri le hanno avute, ma non importa) dovute a questa maledetta crisi finanziaria, relativamente al periodo 2007-2009 non hanno inciso (e non potevano incidere) nemmeno per un euro sulla sua, sulla mia e sulle pensioni di tutti gli iscritti; né hanno inciso sui servizi e sull’assistenza che, anzi sono aumentati di molto (con le assicurazioni sanitarie , la Long term care ecc.).
Infine, chi crede che abbia costituito le riserve che si sono ridotte per far fronte alle perdite nette di quel triennio (e solo quelle perché nel successivo biennio abbiamo avuto solo rendite nette)?
Non c’è alcun problema sulla gestione Epap e sulla assicurazone delle nostre pensioni. L’unico problema sta proprio nel fatto che versiamo troppo poco e per questo abbiamo fatto la riforma cui accennavo prima.
Le auguro di lavorare molto e bene
Arcangelo Pirrello
copio e incollo:
RispondiElimina"... Se avesse letto quello che da anni scrivo, saprebbe che ho già allarmato da lungo tempo gli iscritti per le nostre pensioni da “fame”.
Chiedo: e perchè si devono pagare i contributi, se già si sa a priori di avere una pensione da fame? perchè deve esistere l'EPAP (e mi fermo qui), se queste sono le premesse per il futuro? non è meglio che al mio avvenire (nel bene e nel male) ci penso direttamente io?
Ritengo che non siano buone notizie queste.
Cordialità Daniele.