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L'olio ... tunisino

Lo so che la globalizzazione non l'abbiamo voluta (personalmente sono contro anche all'Europa, che ci ha affossato), e che ce l'hanno imposta.
Ma si deve pur fare qualcosa per alleviare i disastri che la globalizzazione ha portato, a causa di una concorrenza sleale che sta azzerando le economie dei cosiddetti "paesi industrializzati" in favore dei paesi con manodopera "a costo zero".
E soffriamo tutti, dagli agricoltori, agli industriali, tutti; ma chi ne soffre alla fine sono le nazioni che si sono piegate ciecamente alla folle corsa della globalizzazione.
Oggi una altro esempio: l'olio ... tunisino!
Riporto qui sotto (ovviamente con copia/incolla) un articolo pubblicato da Italia Oggi (l'originale lo trovate cliccando qui) a firma di Alberto Grimelli.
Siamo invasi dall'olio d'oliva tunisino
di Alberto Grimelli

È la Tunisia il nuovo Eldorado per l'industria olearia italiana che riduce significativamente le importazioni dalla Spagna ma le aumenta dai paesi extracomunitari. Complessivamente, nel corso del 2012, le importazioni di olio di oliva nel nostro paese sono scese del 4,2%, passando dalle 625 mila tonnellate del 2011 alle 599 mila del 2012.

Stando ai dati dell'Agenzia delle dogane, che verranno presentati il 26 aprile prossimo a Sorrento nel corso del terzo congresso dell'Associazione italiana frantoiani oleari, le importazioni di olio dai paesi extracomunitari sono però salite del 28%, raggiungendo le 79 mila tonnellate e tornando quindi ai livelli del 2009. A far la parte del leone proprio la Tunisia, con una quota dell'import pari al 96%, seguita dal Cile al 2%.

Le importazioni sarebbero destinate prevalentemente alle aziende del Centro Italia, dove risiedono anche i principali marchi ora di proprietà spagnola, ma anche alla Puglia. In Toscana, Lazio, Liguria, Umbria e Puglia arriva quasi il 70% dell'olio extracomunitario importato in Italia.

Non è quindi un caso che le maggiori irregolarità sono state riscontrate nel laboratorio chimico di Roma, con il 36,73% degli extra vergini dichiarati non conformi, percentuale che scende al 12,68% a Bari e cala ulteriormente al 2,63% a Genova. Nel complesso le irregolarità hanno riguardato il 10% delle operazioni doganali controllate nel corso del 2012 da parte dell'Agenzia delle dogane.

Dati che dovrebbero far riflettere, secondo il Corpo forestale dello stato, che attraverso Fabrizio Bardanzellu sottolinea l'importanza delle analisi forensi, come potrebbe diventare quella sugli isotopi stabili, come strumento di fondamentale ausilio per tutti gli organismi che operano nel contrasto alla contraffazione agroalimentare. A quanto risulta a ItaliaOggi, l'attivismo dell'industria e degli imbottigliatori italiani in Tunisia sarebbe dovuto a questioni di prezzo.

L'olio tunisino infatti costerebbe 20-30 centesimi al chilogrammo in meno rispetto a quello iberico e 50-60 centesimi in meno rispetto all'italiano. Mentre l'Europa oliandola fa i conti con l'aggressiva concorrenza nordafricana, contro tutte le previsioni l'Italia olivicola chiude la campagna olearia 2012/13 con il segno positivo. Secondo i dati Agea, riferiti al portale Sian, la produzione d'olio d'oliva made in Italy, al 31 marzo 2013, ha raggiunto le 414 mila tonnellate con un incremento del 4% rispetto alla scorsa annata.

«È un buon segnale per il nostro paese, che viene dopo il varo di nuova legge a favore di un mercato trasparente in cui è salvaguardata la biodiversità e l'eccellenza del vero extra vergine di origine italiana», afferma Piero Gonnelli, presidente Aifo. Il dato produttivo conferma che le quattro regioni del Sud Italia (Puglia, Calabria, Sicilia e Campania) rappresentano il 78% dell'intera produzione nazionale.

La sola Puglia rappresenta il 48,5% della produzione italiana. Il Lazio registra un aumento di quasi il 25%, la Toscana del 30%, la Campania del 25% e la Liguria del 44%, per non parlare della Sardegna che quintuplica la propria produzione rispetto all'anno precedente.


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