Passa ai contenuti principali

Sul consumo del suolo

Vi segnalo un articolo pubblicato da Luigi Costato sul sito internet dei Georgofili, riguardante il consumo del suolo ed il disegno di legge in discussione alla Camera dei Deputati.

ALCUNI APPUNTI SUL DISEGNO DI LEGGE N. 1050 (CAMERA DEI DEPUTATI) RECANTE “DISPOSIZIONI PER IL CONTENIMENTO DEL CONSUMO DEL SUOLO E LA TUTELA DEL PAESAGGIO”




1. Il fatto che un ramo del Parlamento prenda in considerazione la necessità di intervenire sul “consumo del suolo” non può che essere visto, prima facie, con piacere da chi si preoccupa dell’agricoltura nazionale, che combatte una battaglia difficile per assicurare la permanenza in Italia di una agricoltura efficace, performante e in grado di tenere alta la reputazione che il nostro agroalimentare si è conquistato con secoli di eccellenza.
Ben venga, dunque, una legge che garantisca il mantenimento di quanto resta ancora disponibile di suolo agricolo; ma, anche se l’interesse per il paesaggio non può che essere condiviso, occorre non  cadere nella trappola, da tempo realizzata con la riforma della PAC, di mescolare una cosa con l’altra dimenticando che il paesaggio rurale  è stato creato dagli agricoltori in secoli di lavoro, e che la maggiore garanzia per il suo mantenimento consiste nell’incoraggiare chi coltiva a continuare a fare il suo lavoro, ovviamente applicando pratiche compatibili con la protezione dell’ambiente e della salute. 

2. Passando a esaminare la motivazioni anteposte al disegno di legge, tuttavia, si nota che, dopo aver ricordato alcune fondamentali sentenze della Corte costituzionale, si pone l’accento su “recente Rapporto sul benessere urbano” redatto dall’Istituto di statistica nel 2013 e, più avanti, si lamenta il rischio di “cancellare paesaggi storici che hanno formato il vanto della cultura italiana del territorio”, senza far cenno al settore primario, che ha costruito, in larghissima misura, quei “paesaggi”.
Dopo aver ricordato il grave dissesto idrogeologico, senza segnalare che esso è causato dall’abbandono dell’agricoltura marginale ricavata nella poverissima Italia dei secoli scorsi, finalmente si arriva a nominare l’agricoltura produttiva, anche se evidenziando il non particolare interesse a essa riservato. Infatti, la relazione ricorda che “non sono da sottovalutare (ma neppure da considerare con eccessivo interesse?), inoltre, gli effetti che una riduzione del suolo agricolo determina in termini dell’indipendenza alimentare, con l’inevitabile importazione da paesi esteri e conseguenze negative sia in termini d’inquinamento da trasporto (l’ispiratrice di questa frase è evidente) sia in termini di qualità degli alimenti stessi”.
Ma la relazione passa oltre, evidenziando la crisi edilizia e altri eventi che poco hanno a che fare con l’agricoltura. 
In definitiva, l’agricoltura sembra in certo modo marginale nel pensiero dei presentatori del disegno di legge, e la protezione delle zone rurali sembra realizzabile attraverso “l’assunzione di responsabilità” di “ampliare le categorie dei beni paesaggistici vincolati includendovi anche le aree agricole nella convinzione che la tutela sia lo strumento fondamentale per ricostruire l’unitarietà del paesaggio e nel contempo il ruolo del governo pubblico del territorio”.

3. Passando a esaminare l’articolato, quanto all’art. 1 si può, rinviando alla lettura del suo testo, valutarlo, pur con moderazione, positivamente. Esso considera con attenzione l’agricoltura, anche se preferisce fare richiami alla Convenzione europea sul paesaggio tralasciando un qualsiasi cenno all’agricoltura produttiva
L’art. 3 appare preoccupante, poiché prevede che la “perimetrazione” delle aree agricole sia fatta dai Comuni, cui va ascritta la responsabilità di avere promosso, salvo rarissime eccezioni, proprio la cementificazione massiccia. E’ pur vero che il comma 5 dell’articolo in questione stabilisce che le trasformazioni urbanistiche che prevedano consumo del suolo sono ammesse solo all’interno delle aree urbanizzate, come definite dal comma 1, ma è lecito sospettare che i Comuni avranno la tendenza a considerare aree urbanizzate, nella loro determinazione, quanto più spazi sarà loro possibile,  ben oltre quanto lo spirito della legge sembrerebbe volere.
La preoccupazione è confermata dall’art. 5 che, al comma 3, prevede l’espansione urbanistica urbana, pur circondandola di garanzie meramente formali quali la motivazione.
Sicuramente l’art. 6 cerca di contenere l’espansione urbana e prevede il recupero preventivo degli immobili e infrastrutture esistenti, ma non può, né sarebbe logico pretenderlo, ingabbiare l’urbanizzazione nello status quo; consentendo l’espansione al comma 3, si compie una operazione ragionevole, in teoria, contando però, ottimisticamente, sull’effetto deterrente determinato dalla compressione dei vantaggi assegnati ai Comuni dall’urbanizzazione (vedi norme seguenti).
Dopo molti articoli dedicati al riordino delle regole interne al territorio urbanizzato, il disegno di legge passa a occuparsi, nell’art. 14, comma 1, dei “territori non urbanizzati” (perché mai non denominarli agricoli? Forse proprio perché l’eccezione è la non urbanizzazione?) attribuendo alle Regioni il compito di pianificare l’uso del territorio in questione, autorizzandole a stabilire regole stringenti per le edificazioni in quelle zone, prevedendo la loro limitazione allo stretto necessario per “l’esercizio dell’attività agro - silvo – pastorale”. Più positivamente va valutato il comma 2 dello stesso articolo, che impone la conservazione della destinazione tradizionale alle proprietà collettive, e della norma si sentiva il bisogno visto le frequenti deviazioni dalla tradizione e la possibilità riconosciuta, ad esempio,  ai Partecipanti di Cento, di costruirsi la casa su un terreno che, tradizionalmente, doveva essere assegnato loro per sorteggio temporaneamente. 

4. Il disegno di legge non sembra distaccarsi troppo dalla PAC, anti produttivistica e con un decoupling legato a vincoli ambientali e paesaggistici. 
Certamente è apprezzabile lo sforzo di intervenire per ridurre l’espansione urbana, che nella pianura padana, il territorio più fertile del Paese, ha toccato vertici inauditi, con la perdita definitiva all’agricoltura di oltre il 30% del territorio, anche se dal testo del disegno di legge traspare chiaramente l’idea della marginalità dell’interesse verso l’agricoltura.
Occorre che, finalmente, oltre alle molte parole che si spendono sull’agro alimentare italiano, si cominci ad agire perché esso mantenga una base produttiva delle materie agricole in Italia. La sapienza dei nostri trasformatori riesce ancora a mantenere un eccellente capacità di affermarsi nel mercato globalizzato, ma se si continua a disincentivare l’attività primaria essi dovranno incrementare di anno in anno l’acquisto delle materie prime agricole fuori d’Italia, e questo sarebbe un danno gravissimo.

Commenti

  1. In questa società che viaggia a Mbps dove tutto è fast Food, dove lo scorrere del tempo si segna non più con l'alternanza delle stagioni ma con le scadenze di pagamento. L'agricoltura con i suoi tempi viene tacitamente considerata da molti, a torto, anacronistica. I tempi della speculazione, sotto qualsiasi punto di vista, non sono congruenti con quelli agricoli. Ecco perché chi legifera, molto spesso o quasi sempre al servizio di chi detiene il denaro, trascura l'agricoltura con i suoi blandi tempi, per favorire ciò che in "28 giorni" viene sformato dai casseri e dato in pasto al mercato (calcestruzzo). Purtroppo oggi si ha un’eccessiva “inflazione” di politicanti e penuria di politici. Ovvero i governi sono perlopiù popolati di gente che mira alle prossime elezioni e non alle generazioni future. Pertanto tende a favorire ciò che potrebbe dargli un tornaconto tangibile nel breve periodo, anziché aspettare risultati di cui forse non ne godrà. Non basta garantire il mantenimento di quanto resta ancora disponibile di suolo agricolo, per poi lasciarlo incolto in balia del suo destino, o ancor peggio, farlo inghiottire dai latifondisti di ultima generazione. Oltre a salvaguardare il suolo bisognerebbe mettere in condizione quanti di buona volontà e cultura vogliano lavorarlo, poter guadagnare e viverci dignitosamente. Quindi attento controllo delle filiere dall'assedio dei speculanti, infrastrutture, assistenza agrotecnica di base, sportelli unici per le attività agricole e molto altro ancora. Conseguenzialmente a ciò di sicuro ogni “fazzoletto” di terra riacquisterebbe il suo valore, e non ci sarebbe più bisogno di fare leggi ad hoc per creare riserve perimetrate dove confinare gli agricoltori alla stessa stregua dei Pellerossa americani.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Agea, se ci sei batti un colpo!

Qualche giorno fa l'Agea ha pubblicato una nota con la quale si fregiava di aver pagato 1,83 miliardi di euro ai produttori di tutta Italia. Ebbene: i pagamenti sono stati "da elemosina". Piccole porzioni dell'importo dovuto e i cosiddetti "ecoschemi" (una delle ultime cose strampalate della attuale politica agricola comunitaria) non sono stati pagati. E non è stato pagato nemmeno il premio "bio". Vorrei ricordare all'Agea che siamo al 27 novembre! Agea, dove sei che non ti vedo!  

Che fine ha fatto il saldo PAC 2022

Continuo a ricevere messaggi di agricoltori che ad oggi non hanno ricevuto il saldo del premio PAC dall'Agea, eppure settimane fa l'Agea sul sito internet istituzionale vantava di aver eseguito tutti i pagamenti. Un ente irraggiungibile. E che fine hanno fatto i due aerei che l'Agea possedeva, messi all'asta e di cui non si è saputo più nulla? Misteri ... 

Premio PAC in pagamento

Controllate i vostri conti correnti: il premio PAC è in pagamento dalla data del 16 ottobre scorso. E .. poi ci saranno quelli che si lamenteranno per i ritardi, o perchè non sono stati pagati perchè pratiche a controllo ...