Ricevo una lunga email da un collega, e la pubblico in “3 puntate”, visto che è molto lunga e affronta tematiche diverse, ma interconnesse fra loro. Alla fine della 3° puntata farò un mio commento sulla vicenda.
Dott. Vigo,
Sono un giovane Agronomo che svolge la libera professione da qualche anno, grazie alla buona volontà e l’aiuto di colleghi giovani o meno giovani, inizio a muovere i primi passi nel mondo dei “Tecnici agricoli” in Sicilia.
Ritengo che specie per giovani come me sia di fondamentale il confronto, sono del parere che la collaborazione (reciproco aiuto o sostegno nello svolgimento di una qualsiasi attività, contribuendo al
raggiungimento di un obiettivo, Wikipedia) aiuti a crescere e a superare le tante difficoltà che ogni giorno noi tecnici dobbiamo affrontare.
Molto spesso mi capita di fare piacevoli chiacchierate con colleghi di ogni ordine di età, al fine di riceve consigli per meglio superare le difficoltà tecniche che specie noi giovani siamo costretti ad affrontare, dato che l’Università e la scuola in generale non danno quello che serve ad un libero professionista a muoversi con disinvoltura (un giorno un professore, prima degli esami di abilitazione mi disse “l’università serve a sapere quali libro andare a prendere nel momento in cui devi affrontare un problema tecnico”), tanti di noi sono costretti a studiare tanti aspetti che molto spesso in ambito scolastico sono sottovalutati (anche perché nel mio corso di studi non c’era la materia Bandologia applicata alla Sicilia), ma del resto lei mi insegnerà che non si smette mai di imparare, per cui ritengo che anche tecnici navigati, come lei sono costretti a studiare.
Ma, non le scrivo per questo, la mia era una semplice premessa o sfogo personale.
Il vivere il mondo agricolo nella nostra regione, il rapporto diretto con gli agricoltori (categoria di cui la mia famiglia fa parte), che io considero come i miei datori di lavoro, mi ha fatto capire che la normativa fiscale vigente presenta una lacuna di fondamentale importanza, infatti questa riserva un trattamento agevolato al settore agricolo, in quanto viene riconosciuto, agli imprenditori del settore
primario, un doppio rischio d’impresa. Al normale rischio a cui è sottoposta ogni realtà aziendale, si somma il rischio dovuto agli eventi atmosferici che possono influire in modo pesante sulla resa dell’attività agricola. In realtà mi sono reso conto che non è così, il settore agricolo non ha un doppio rischio di impresa, ma un triplice rischio, il legislatore ha dimenticato di inserire nella normativa il terzo e peggiore dei rischi, la burocrazia o cattivo governo.
Io, così come molti imprenditori siamo stanchi, di dovere andare dietro una segnalazione al SIAN, una domanda stampata e rilasciata, una correttiva, una dichiarazione di non pertinenza, una modifica alle disposizioni attuative, una scadenza ecc… Ogni giorno perdo molto più tempo dietro queste richieste assurde piuttosto che nella redazione di un progetto o nel provare insieme ad un agricoltore un modo che possa garantire ancora (nonostante le difficoltà del mercato, che a parer mio sono legate soprattutto al malgoverno sia nazionale, regionale che di coloro che dirigono gli uffici di sottogoverno) un reddito o la possibilità di fare impresa.
Mi permetto di intrattenerla ancora un po’, affrontando alcune delle problematiche che mi vengono in mente adesso mentre scrivo (come lei saprà benissimo se dovessi riflettere su tutte le problematiche legate al mondo agricolo, non ci basterebbe una mail), circa le difficoltà o come detto prima i rischi di impresa a cui noi ed i nostri datori di lavoro sono soggetti.
Caro giovane agronomo, come ho già detto in precedenza, basta vedere come sono riusciti a completare la rendicontazione della misura 132 che, per le aziende biologiche, prevede mediamente (ritengo) un pagamento pari a circa 400 euro, per capire cosa sia il resto della truppa bandistica del PSR; una misura della serie "ccà c'è a jatta e ccà c'è u saccu". Invece NO: bisogna presentare la fattura quietanzata dell'OdC (forse la vogliono in originale), una liberatoria, altre autocertificazioni, etc. ...
RispondiEliminaPer strana ironia della sorte la parola di verifica qui sotto è OFFIESSI che sembra proprio l'anagramma composito di offesi e fessi ... proprio come si sentono gli agricoltori e chi si ostina ad operare in agricoltura. Dio o chi per Lui ci metta una buona parola sennò ...
La cosa più grave è che tutte le amministrazione deputate all' erogazione di contributi e "provvidenze" (parola, a mio avviso, altamente offensiva) alle aziende agricole trattano gli agricoltori alla stregua di potenziali truffatori dediti ad arraffare gli aiuti pubblici, e tutto ciò già per via presuntiva...
RispondiEliminaovvero, caro agricoltore, per avere diritto ai contributi, più che dimostrarmi di essere una persona competente e dedita la lavoro, devi prima dimostrarmi di non essere:
- un mafioso
- un truffatore
- uno smemorato (non puoi dimenticare una firma o una dichiarazione di "non pertinenza"
- etc. etc
- una persona furba o dedicato a passioni insane (quale coltivare veramente la terra) perchè in tal caso non è comprensibile la tua ostinazione a fare il vero agricoltore..
Il vero imprenditore agricolo, infatti, ricorre ai contributi pubblici solo per reali necessità legate alla crescita aziendale, ed è supportato con forza dallo Stato e dalla Regione di appartenenza con VERE iniziative promozionali atte a valorizzare l' identità culturale degli operatori agricoli e le produzioni tipiche.
Ma tutto ciò, (e i motivi li conosciamo tutti) in Sicilia non avviene.
La conclusione è semplice : L' apparato burocratico e amministrativo deve tendere, per sopravvivere, a far sì che l' Agricoltore debba a sua volta, per SOPRAVVIVERE, essere continuamente mortificato nelle sue iniziative, in modo tale da renderlo, alungo andare, totalmente succube degli aiuti comunitari di ogni tipo (dal contributo ettariale per l' agricoltura biologica, dagli aiuti per la frutta a guscio, dalle quote per i seminativi e altri aiuti disaccoppiati)
La totale dipendenza dagli aiuti di stato per la sopravvivenza dell' Azienda Agricola genera un circolo vizioso dal quale non si esce più. Quando gli aiuti tardano ad arrivare, l' Azienda ricorre alle esposizioni bancarie per tirare avanti, e nel momento in cui le banche (che pur mangiano in abbondanza approfittando delle inefficenze e delle incapacità dell ' AGEA) chiudono i cordoni della borsa...amen.
L' unica valida via d' uscita, della quale parlano (e sostengono) solo poche voci nel deserto delle campagne siciliane, è la diversificazione delle attività legate al capitale fondiario, ma non dirette a produrre derrate alimentari da svendere al primo grossista che capita...
Le parole chiavi sono:produzione da fonti di energia rinnovabili, agriturismo, fattorie didattiche,
purtroppo anch' esse gestite da un Burantosauro..
Questa specie animale, specializzata in accanimento burocratico in grande stile, altamente dannosa per gli ecosistemi e per l' economia agricola, come tutti avrete capito, si chiama.. Assessorato alle Risorse Agricole e Alimentari.
La cosa più grave è che tutte le amministrazione deputate all' erogazione di contributi e "provvidenze" (parola, a mio avviso, altamente offensiva) alle aziende agricole trattano gli agricoltori alla stregua di potenziali truffatori dediti ad arraffare gli aiuti pubblici, e tutto ciò già per via presuntiva...
RispondiEliminaovvero, caro agricoltore, per avere diritto ai contributi, più che dimostrarmi di essere una persona competente e dedita la lavoro, devi prima dimostrarmi di non essere:
- un mafioso
- un truffatore
- uno smemorato (non puoi dimenticare una firma o una dichiarazione di "non pertinenza"
- etc. etc
- una persona furba o dedicato a passioni insane (quale coltivare veramente la terra) perchè in tal caso non è comprensibile la tua ostinazione a fare il vero agricoltore..
Il vero imprenditore agricolo, infatti, ricorre ai contributi pubblici solo per reali necessità legate alla crescita aziendale, ed è supportato con forza dallo Stato e dalla Regione di appartenenza con VERE iniziative promozionali atte a valorizzare l' identità culturale degli operatori agricoli e le produzioni tipiche.
Ma tutto ciò, (e i motivi li conosciamo tutti) in Sicilia non avviene.
La conclusione è semplice : L' apparato burocratico e amministrativo deve tendere, per sopravvivere, a far sì che l' Agricoltore debba a sua volta, per SOPRAVVIVERE, essere continuamente mortificato nelle sue iniziative, in modo tale da renderlo, alungo andare, totalmente succube degli aiuti comunitari di ogni tipo (dal contributo ettariale per l' agricoltura biologica, dagli aiuti per la frutta a guscio, dalle quote per i seminativi e altri aiuti disaccoppiati)
La totale dipendenza dagli aiuti di stato per la sopravvivenza dell' Azienda Agricola genera un circolo vizioso dal quale non si esce più. Quando gli aiuti tardano ad arrivare, l' Azienda ricorre alle esposizioni bancarie per tirare avanti, e nel momento in cui le banche (che pur mangiano in abbondanza approfittando delle inefficenze e delle incapacità dell ' AGEA) chiudono i cordoni della borsa...amen.
L' unica valida via d' uscita, della quale parlano (e sostengono) solo poche voci nel deserto delle campagne siciliane, è la diversificazione delle attività legate al capitale fondiario, ma non dirette a produrre derrate alimentari da svendere al primo grossista che capita...
Le parole chiavi sono:produzione da fonti di energia rinnovabili, agriturismo, fattorie didattiche,
purtroppo anch' esse gestite da un Burantosauro..
Questa specie animale, specializzata in accanimento burocratico in grande stile, altamente dannosa per gli ecosistemi e per l' economia agricola, come tutti avrete capito, si chiama.. Assessorato alle Risorse Agricole e Alimentari.