Ricevo dal collega Giacomo Galvano, tramite la pagina Vigopensiero di Facebook, e pubblico.
Caro Vigopensiero, non so con chi prendermela o con chi sfogarmi.
Giovedì, visitata un azienda vitivinicola, ho constatato con le operazioni di rito che vi è un attacco di oidio in fase avanzata ed uno di peronospera già avvenuto.
a)In Base alle disponibilità dell' azienda sia dal punto di vista economico, dal punto di vista dei mezzi, delle persone abilitate all'uso dei fitofarmaci di prima classe, delle modalità di distribuzione, delle reazioni tra fitofarmaci e delle analisi delle acque utilizzate per trattare.
b) letto il registro di campagna per valutare i trattamenti precedenti, i tempi di carenza ed i prodotti utilizzati.
c) sentito il parere degli operatori sui litri di soluzione da irrorare, l'atomizzatore a disposizione, le pressioni di esercizio, gli ettari ed i ceppi da trattare.
Ho consigliato il trattamento da utilizzare, avendo considerato i tempi di carenza precedenti e futuri e soprattutto proponendo di utilizzare prodotti non usati in precedenza per i noti fenomeni di adattamento o resistenza.
Ho prescritto un prodotto bivalente, con cimoxanil al 4% + mancozeb al 40% per Peronospera (infezione bassa, prodotti a duplice azione diversa), e penconazolo al 19% per Oidio (infestazione in alta pressione , prodotto sistemico).
Venerdi lo staff ha acquistato i prodotti ed ha trattato.
Stamani visitata l'azienda, voglio visionare il registro di campagna (per verificare la compilazione) e voglio vedere per curiosità, i contenitori per verificare la compilazione del registro rifiuti.
Morale: il rivenditore ha venduto un prodotto con cimoxanil al 20 % (un solo principio attivo con concentrazione 5 volte maggiore per la Peronospera) e un prodotto a base di penconazolo al 10 % (concentrazione 1/2 di quella prescritta per l'Oidio).
Di conseguenza non è valsa a nulla la ricetta dell'agronomo, non sono valse a nulla le dosi, le quantità ed i dosaggi consigliati ed ancora peggio l'efficacia del trattamento. Lascio a Voi il resto, anzi il rivenditore gli ha detto che dava dei prodotti equivalenti ed anzi di nuova concezione. ( o i suoi fondi di magazzino.......tanto l'agronomo ha prescritto per passa tempo).
Giacomo Galvano
(continua …)
Uno dei tanti motivi, per cui sono contrario alla prescrizione dei fitofarmaci.
RispondiEliminaTra l'altro non è per niente facile trovare un agronomo competente in campo fitopatologico come il dottor Galvano.
In molti casi l'errore nasce a monte.
L'agronomo è solo un compila moduli al fine di far avere dei fondi agli agricoltori, dopo di che il rivenditore è da sempre stato il tecnico.
RispondiEliminaVecchia legge agraria.
è vero che attualmente di esperti in giro c'è ne sono pochi ma questo non significa che potrebbero aumentare, il problema è veramente di chi vende il prodotto...è come se tutti i farmaci per l'uomo li vendessero all'hard discount sotto ilo consiglio del commesso o del proprietario stesso...
RispondiEliminaLa prescrizione dei farmaci, vista dal lato dell'agricoltore, ATTUALMENTE.. ALLO STATO ATTUALE DELLE COSE.. è una gran minchiata. Agronomi che sanno veramente cosa consigliarti ce ne sono veramente pochi e nel comparto ortaggi poi la situazione è veramente desolante.
RispondiEliminaE' la stessa storia del medico incompentente: ti prescrivono una bomba atomica e vanno sul sicuro. A fare cosi ce la fa qualsiasi produttore senza spendere soldi per la ricetta dell'agronomo.
Bimbo scemo, tanto scemo non sei proprio, anzi...
RispondiEliminaSe gli agronomi studiassero fitoiatria all'Università, come Dio comanda, forse sarebbero in grado di dare qualche lume.
aggiungo....che se remunerato come di dovere l'agronomo si forma e come per altri settori darà un ottimo servizio all'agricoltore...
RispondiEliminaQuesto pregiudizio nei confronti di agronomi e tecnici agricoli preparati in campo fitoiatrico e fitopatologico in genere è assai fastidioso...se vi è (come effettivamente è) qualche agricoltore tra i lettori, come può pensare di avere a diposizione tecnici competenti e preparati - e posso assicurarvi che non mancano - se poi non lo paga adeguatamente o pensa che tanto c'è il rivenditore di fitofarmaci che pensa alle sue esigenze...
RispondiEliminaI rivenditori, da sempre, hanno solo a cuore vendere i fitofarmaci, a prescindere dalla reale necessità di utilizzo e dalle modalità di somministrazione, e anche quando redigono loro stessi la ricetta, tengono sempre in considerazione le esigenze del business, ma la colpa non è la loro, bensi degli agricoltori stessi...
La "vecchia legge agraria" di Massaro Peppe è più che fondata (purtroppo) e lo sarà sempre finchè gli africoltori non saranno colpiti nel loro..portafogli titoli, ovvero fin quando la riscossione degli aiuti comunitari non sarà SERIAMENTE subordinata ad una REALE assistenza tecnica in campo fitoiatrico e nell' accertamento delle REALI ESIGENZE nutrizionali delle colture. Ritengo che attualmente vadano sprecati decine di milioni di euro in errate o inutili concimazioni e in inadeguati e assurdi trattamenti antiparassitari, fatti sempre in nome della frase "ci pensa il tecnico del Consorzio Agrario".
I soldi che potrebbe far risparmiare l' assistenza di un tecnico preparato in materia, chissà perchè, l' agricoltore non li contabilizza mai...
Firmato: un Tecnico discretamente (modestamente!) preparato, che non si propone più da tempo per l' assistenza ad agricoltori, in quanto di sfruttatori di competenze altrui è già pieno il mondo.
Fabbri
RispondiEliminaconcordo con il tuo pensiero sui rivenditori.ma "l'esigenza del business"
non è il solo motivo.
vi è anche una componente "culturale"
che riguarda tutti agronomi,agricoltori,rivenditori.
la vecchia legge agraria ha le sue varianti
se aderisci a misure agroambientali l'agronomo lo paghi con una percentuale del premio che va secondo le colture , dal 10 al 30% del contributo percepito.sia che sia preparato,sia che no,sia che venga spesso a farti visita sia che no.
In molti casi il vero tecnico è l'agricoltore stesso che sfrutta: conoscenza approfondita dei disciplinari,riviste specializzate,esperienza.e in alcuni casi riesce risparmiare molti “euri”limitando lavorazioni ,concimazioni e trattamenti a dosi e interventi minori dei max permessi dai disciplinari...più che assistenza tecnica
che spesso è solo burocrazia purtroppo , quella che manca davvero ,è la ricerca applicata..a un nuovo modo di fare agricoltura.
@Franco
RispondiEliminasulla componente culturale mi trovi -per ovvi motivi -pienamente d' accordo. La burocrazia ha sicuramente (purtroppo) pesanti responsabilità.
La variante della "Vecchia legge" sulle misure Agroambientali è valida, per carità, ma se tu riesci a farti pagare la consulenza "burocratica" già con il 20-30% del contributo percepito ti puoi anche permettere di includere qualche visita in campo e un minimo di consulenza specialistica. Non so come funziona dalle tue parti, ma per esperienza personale, quando gli chiedi il 10% l' agricoltore qui in Sicilia ti guarda quasi come se volessi estorcergli denaro.
Dulcis in fundo, mi duole ammetterlo, la figura del tecnico-agricoltore quella sì che, ahimè, è veramente rara..Ormai gli agricoltori sono protesi - non tutti, per carità, ma una quota significativa sicuramente - a far di tutto per raggranellare aiuti comunitari, delegando gli aspetti di tecnica colturale più "rognosi" ai rivenditori di concimi e fitofarmaci.
Faccio un esempio concreto.
Secondo te, è mai possibile che un cerealicoltore con 120 ettari di superfici seminabili (prima o poi farò anche nome e cognome!!)con altissimi livelli di fosforo scambiabile nel terreno possa ostinarsi a continuare nell' utilizzo di concimi costosi e inadeguati quali l' 11-22-16??
La risposta è..sì, continua ad utilizzarli, anno per anno, tutti gli anni, perchè glielo consiglia il tecnico del Consorzio e gli consente pure di pagarlo a 180 gg!!
L'agricoltore è restio scucire soldi ( come tutti)lo fa se è obbligato,se non si accorge di star scucendoli o è convinto di guadagnarci.
RispondiEliminatrattamenti e concimazioni,
Se aderisci a programmi agroambientali,la scelta la impongono i disciplinari, le analisi obbbligatorie a cui fanno riferimento ,come i piani di concimazione.
Spesso di tutto questo si coglie solo l'aspetto burocratico,che va reso piu efficiente,senz'altro.
Ma che va anche sdemonizzato.secondo me è altra la burocrazia inuile e su cui si lucra soltanto.
Per chi non aderisce a misure agroambientali esistono altri obblighi :
direttive nitrati che regolamentano tutto il territorio regionale,e non le sole zone vulnerabili..condizionalità etc..in futuro si prevede anche la pac staremo a vedere.
Una volta rispettati tutti i limiti,scelti o imposti non rimane molta scelta..fosforo e potassio minerali (quelli dei reflui sono regolati dalle normative nitrati e seguono l'azoto)e correttivi calcarei.
Riguardo al fosforo ,una decina di anni fa un consorzio di cooperative e una università valutando le analisi che dimostravano un alto contenuto di quell'elemento hanno iniziato a sperimentare nei campi la riduzione della concimazione fosfatica. inizialmente apportando la sola quota di mantenimento,e in qualche caso sospendendo gli apporti..
Negli agricoltori era forte il senso di colpa ,di rubare alla terra,di depauperararla..e la paura di non produrre .
Non è facile far comprendere che lo spreco finisce nelle falde e in mare ,non fa bene ne al portafogli ne all'ambiente..le analisi spesso son fatte con gli occhi ,poco nei laboratori ,spesso viene confuso l'effetto dell'azoto presente in un ternario o un binario con l'effetto di tutti gli elementi..
gli agricoltori
sono attratti dal vigore iniziale di una coltivazione abbondantemente concimata . Temono piu quel confronto con il vicino.che una perdita economica e un danno ambientale.Perdita economica che per rilevarla ,necessita di pesature e contabilità..troppa fatica mentale..più comodo l'autoconvincimento
e la valutazione visiva,che in alcune situazioni e stagioni c'è:riducendo le concimazioni soprattutto di fosforo e potassio,la produzione di granella non diminuisce,ma quella di paglie e stocchi si..e questo a occhio si vede...e il rivenditore ne approfitta per mettere il dito nella piaga..
che mais/grano poco sviluppato che hai? Guarda la differenza con il vicino che ha concimato come gli ho consigliato io..poi se sta una settimana senza piovere e il raccolto del vicino va subito in stress idrico ,per via di scarso approfondimento radicale,eccesso di concimazione iniziale.o se piove troppo e manifesta carenza di azoto ,la colpa è della stagione che è difficile strana ,che favorisce i tirchi..e quelli che lavorano e danno meno
alla terra..a ma non dura prima o poi la pagano a sfruttare la terra cosi...
Per sfatare questi e altri miti e avere un atteggiamento piu razionale e meno rischioso..servirebbero più analisi , azioni e campi sperimentali diffusi gestiti da agronomi liberi..e agricoltori preparati .poi la cosa prende piede ma all'inizio è davvero dura..hai tutti che remano contro ...
Egregio Fabbri
RispondiEliminaParlo in qualità di agricoltore e di agronomo. Il mio dunque non è un pregiudizio, ma una valutazione sulla base degli elementi reali che ho riscontrato durante entrambe le mie attività.
Per grosso linee posso affermare senza tema di smentita, che almeno il 90% degli agricoltori ha almeno una vaga idea di ciò che sta facendo quando effettua un trattamento con fitofarmaci (in alcuni casi ne ha piena consapevolezza, in altri ne sa più di me, il cui curriculum, le assicuro non è certo scarno.
Con altrettanta sicurezza posso affermare che il 90% dei tecnici agronomi non ha invece (e purtroppo) alcun vago sentore di come si debba effettuare un trattamento fitosanitario, del prodotto da utilizzare e quant’altro attenga alla suddetta operazione colturale. Nonostante ciò, ritiene (l’agronomo medio), che quel pezzo di carta ottenuto dopo difficoltà più o meno ardue (meno nella generalità dei casi) gli consenta di pontificare e determinare le scelte di un imprenditore agricolo.
Per completezza affermo anche che esiste certamente un 10% di agronomi, dotati di grande competenza e professionalità (solitamente legati per varie ragioni al mondo produttivo) in grado di espletare al meglio il proprio lavoro e di apportare all’agricoltore conoscenze superiori. Ma sono troppo minoritari rispetto alla massa. Io non posso supportare la prescrizione obbligatoria dei fitofarmaci quando so che il 90% degli agricoltori si troverebbe nelle mani di tecnici ignavi e presuntuosi.
Peraltro questa cosiddetta “battaglia dell’Ordine degli agronomi” è stata una dei motivi che mi hanno portato a cancellarmi dal mio Ordine Provinciale. L’ignoranza e la protervia degli organi dirigenti del mio Ordine erano del tutto intollerabili per un agricoltore tout court come me.
Dal suo commento sulla opportunità di continuare ad utilizzare un costoso concime ternario, mi rendo conto che lei fa parte del 10% competente (come anche il nostro ospitale padrone di casa). La apprezzo dunque, ma il mio discorso generale rimane nei termini suddetti.
Sempre a disposizione per eventuali chiarimenti.