Dopo aver pubblicato (a puntate) la nuova Legge Regionale sull’Agricoltura, oggi pubblico integralmente il testo dell’impugnativa del Commissario dello Stato.
ECC.MA CORTE COSTITUZIONALE
R O M A
L’Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta del 9 novembre 2011, ha approvato il disegno di legge n.
732-672-699-700-713 dal titolo “Interventi per lo sviluppo dell’agricoltura e della pesca. Norme in materia
di artigianato, cooperazione e commercio. Variazioni di bilancio”, pervenuto a questo Commissariato dello
Stato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 28 dello Statuto speciale, il 12 novembre 2011.
Gli articoli 14, 15, 17, 19, 20, 22, 25, 26, 35, 36, 38, 40, 41 del cennato provvedimento legislativo danno
adito a censure di costituzionalità per le motivazioni che di seguito si espongono.
Articolo 14
Vendemmia verde
1. Alle imprese viticole siciliane, che hanno aderito nella vendemmia relativa all’anno 2011, alla misura
della vendemmia verde, in conformità all’articolo 103 novodecies del regolamento (CE) 22 ottobre
2007, n. 1234/2007 del Consiglio, (regolamento unico OCM), pubblicato in g.u.u.e. del 16 novembre
2007, L 299, ed all’articolo 12 del regolamento (CE) 27 giugno 2008 n. 555/2008 della Commissione,
pubblicato in g.u.u.e. del 30 giugno 2008, L 170, socie di cantine iscritte all’Albo delle cooperative a
mutualità prevalente operanti quali imprese attive nel settore della trasformazione e della
commercializzazione dei prodotti agricoli così come definite dall’articolo 1, comma 2, lettere b) e c)
del regolamento (CE) 15 dicembre 2006, n. 1998/2006 della Commissione, pubblicato in g.u.u.e. del
28 dicembre 2006, L 379, che deliberano una compartecipazione alle spese di gestione per il relativo
mancato conferimento, è concesso un aiuto fino ad euro 250 per ettaro sottoposto a vendemmia verde.
2. Con decreto del Dirigente generale del dipartimento regionale interventi strutturali per l’agricoltura
dell’Assessorato regionale delle risorse agricole ed alimentari sono stabilite le procedure per la
concessione dell’aiuto di cui al comma 1, ivi comprese le modalità di controllo del cumulo per evitare
sovrapposizione di interventi. L’importo massimo concedibile a ciascun beneficiario ai sensi del
presente articolo a titolo di ‘de minimis’ è di euro 3.750,00 e può essere presentata un’unica istanza
per ogni cantina sociale cooperativa.
3. Gli aiuti di cui al comma 1 sono concessi alle condizioni e nei limiti previsti dal Regolamento (CE) 20
dicembre 2007, n. 1535/2007 della Commissione, pubblicato in g.u.u.e. 21 dicembre 2007, n. L 337.
4. All’onere derivante dall’attuazione del presente articolo, determinato in 2.500 migliaia di euro, per
l’esercizio finanziario 2011, si provvede con le riduzioni di spesa derivanti dalle seguenti modifiche
normative:
a) alla lettera f) del comma 1 dell’articolo 4 della legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19, le parole
‘3.000 migliaia di euro’ sono sostituite dalle seguenti: ‘2.500 migliaia di euro’;
b) alla lettera h) septies del comma 1 dell’articolo 4 della legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19, le
parole ‘3.000 migliaia di euro’ sono sostituite dalle seguenti: ‘1.000 migliaia di euro’.
Codesta eccellentissima Corte, con costante e consolidata giurisprudenza e da ultimo nella sentenza n. 386
del 2008 ha affermato che “ le leggi istitutive di nuove spese debbono recare una esplicita indicazione del
relativo mezzo di copertura (ex plurimis, sentenze n. 213 del 2008, n. 359 del 2007 e n. 9 del 1958) e che a
tale obbligo non sfuggono le norme regionali (ex plurimis sentenze n. 213 del 2008 e n. 16 del 1961)”.
Proprio in occasione di un giudizio su una legge della Regione siciliana ha avuto modo di acclarare che per
quest’ultima “ l’art. 17, secondo comma, dello Statuto dispone che la legislazione regionale si svolge entro i
limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato. Il che comporta che il
legislatore regionale non può sottrarsi a quella fondamentale esigenza di chiarezza e solidità del bilancio cui
l’art. 81 Cost. si ispira” (sentenza n. 359/2007).
Codesta Corte ha, inoltre, ribadito che il principio dell’obbligo della “copertura” va osservato con puntualità
rigorosa nei confronti di spese che incidono sull’esercizio in corso. Orbene, per gli oneri quantificati in 2.500
migliaia di euro per l’anno 2011 derivanti dalle norme in esame, il legislatore prevede che si provveda con le
riduzioni di spesa derivanti dalla modifica dell’art. 4 della L.R. 19/2005.
Disposizione quest’ultima che autorizzava “per l’esercizio 2005” l’istituzione del capitolo 613940 con la
dotazione di 100.000 migliaia di euro.
Le somme stanziate sul predetto capitolo nel corso dell’esercizio finanziario del 2005 sono state in parte
utilizzate e quelle non impegnate entro l’anno hanno costituito economia di spesa che, a seguito
dell’approvazione del rendiconto della regione, hanno contribuito alla determinazione dell’avanzo di
amministrazione applicato nel 2006 ai sensi delle vigenti norme di contabilità.
Alla luce di quanto esposto ritenendo che non costituisca idonea e puntuale copertura degli oneri derivanti
dalla disposizione de qua la riduzione di spese riferentesi ad un esercizio ormai definitivamente chiuso, in
contrasto con il principio costituzionale dell’annualità del bilancio, non ci si può esimere dal sottoporre
l’articolo 14 in questione al vaglio di codesta eccellentissima Corte per violazione dell’art. 81, 4° comma.
Articolo 15
Fondo regionale di garanzia
1. Al fine di agevolare l’accesso al credito delle piccole e medie imprese operanti nel settore della
produzione, trasformazione e commercializzazione delle produzioni agricole, è istituito un fondo
denominato ‘Fondo regionale di garanzia’ la cui gestione è affidata ad una banca o ad un
intermediario finanziario in possesso dei necessari requisiti tecnici ed organizzativi, individuati nel
rispetto delle procedure di evidenza pubblica, ovvero all’ISMEA previa stipula di apposita
convenzione.
2. La dotazione iniziale del fondo regionale di garanzia di cui al comma 1 è quantificata in 2.775
migliaia di euro cui si fa fronte con le economie disponibili al 31 dicembre 2010 dell’articolo 4,
comma 1, della legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19.
3. Con decreto dell’Assessore regionale per le risorse agricole ed alimentari sono fissate le modalità e le
condizioni del Fondo regionale di garanzia.
4. Gli aiuti di cui al presente articolo sono concessi alle condizioni e nei limiti previsti rispettivamente
dal Regolamento (CE) 20 dicembre 2007, n. 1535/2007 della Commissione, relativo all’applicazione
degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti ‘de minimis’ nel settore della produzione primaria dei
prodotti agricoli, pubblicato nella g.u.u.e. del 21 dicembre 2007 L337 e dal Regolamento (CE) 15
dicembre 2006, n. 1998/2006 della Commissione relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del
Trattato agli aiuti di Stato di importanza minore ‘de minimis’, pubblicato nella g.u.u.e. del 28
dicembre 2006, L379, nel settore della lavorazione, trasformazione e commercializzazione dei
prodotti agricoli di cui all’allegato I del Trattato CE.
La norma trascritta è censurabile sotto il profilo della violazione dell’art. 117, 1° e 2° comma lett. e) Cost. e
dell’art. 14 lett. g) dello Statuto speciale.
Prima di prospettare i singoli rilievi si ritiene necessario delineare, alla luce di quanto affermato da codesta
Eccellentissima Corte, con le sentenze n. 45 e n. 221 del 2010, le linee fondamentali del riparto delle
competenze legislative nel settore degli appalti pubblici tra Stato e Regione siciliana.
L’art. 14, lett. g) dello Statuto Speciale, approvato con R.D.L. 15 maggio 1946 n. 455 convertito in legge
costituzionale 26 febbraio 1948 n. 2, attribuisce alla Regione siciliana competenza esclusiva in materia di
“lavori pubblici, eccettuate le grandi opere pubbliche di interesse nazionale”.
In presenza di siffatta specifica attribuzione, deve ritenersi che, non contemplando il novellato Titolo V della
parte II della Costituzione, la materia “lavori pubblici” trova applicazione, in base all’art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 recante “Modifiche al Titolo V della parte II della Costituzione”, la
previsione statutaria prima citata.
Ciò, tuttavia, come costantemente affermato da codesta Corte (ex plurimis sentenze n. 431/2007, n. 322/2008
e n. 411/2008), non comporta che – in relazione alla disciplina dei contratti di appalto che incidono nel
territorio della Regione – la legislazione regionale sia libera di esplicarsi senza alcun vincolo e che non
trovano applicazione le disposizioni di principio contenute nel prima menzionato “Codice dei contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”.
Il primo comma del medesimo articolo 14 dello Statuto Speciale sopra citato prevede, infatti, che la
competenza esclusiva della Regione deve essere esercitata nei limiti delle leggi costituzionali e senza
pregiudizio delle riforme economico-sociali.
In questa prospettiva vengono in rilievo in primo luogo i limiti derivanti dal rispetto dei principi della tutela
della concorrenza, strumentali ad assicurare le libertà comunitarie, e quindi le disposizioni contenute nel
Codice degli appalti pubblici che costituiscono diretta attuazione delle prescrizioni poste a livello
dell’Unione Europea.
Peraltro la Regione siciliana è indubbiamente vincolata in base all’art. 117, 1° comma della Costituzione al
rispetto degli obblighi internazionali ai quali sono riconducibili i principi generali del diritto comunitario e
delle disposizioni contenute nel Trattato del 25 marzo 1957 istitutivo della Comunità Europea, ora
ridenominato, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, Trattato sul funzionamento dell’Unione
Europea, e, in particolare, di quelle che tutelano la concorrenza (sentenza C.C. n. 45/2010).
Codesta Corte ha altresì precisato che la nozione di concorrenza di cui al 2° comma lett. e) dell’art. 117 della
Costituzione “non può che riflettere quella operante in ambito comunitario” (sentenza n. 401 del 2007).
Avuto riguardo al diritto comunitario, devono essere ricomprese in tale nozione “le disposizioni legislative
che perseguono il fine di assicurare procedure concorsuali di garanzia mediante la strutturazione di tali
procedure in modo da assicurare <<la più ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici>>”
(sentenza n. 401/2007).
Sul punto quindi la Regione siciliana nel dettare norme in materia di lavori pubblici di interesse regionale,
pur esercitando una competenza esclusiva specificamente attribuita dallo Statuto di autonomia “deve non di
meno rispettare, con riferimento soprattutto alla disciplina della fase del procedimento amministrativo di
evidenza pubblica, i principi della tutela della concorrenza strumentali ad assicurare le libertà comunitarie e
dunque le disposizioni contenute nel Codice degli appalti che costituiscono diretta attuazione delle
prescrizioni poste al livello europeo” e che sono espressione dei principi dell’ordinamento giuridico della
Repubblica e delle norme di riforma economico-sociale (sentenza n. 45/2010).
Le norme del predetto Codice che attengono, da un lato alla scelta del contraente (alla procedura di
affidamento) e, dall’altro, al perfezionamento del vincolo negoziale e alla correlata sua esecuzione,
costituiscono un legittimo limite all’esplicarsi della potestà legislativa esclusiva della Regione. Questa quindi
si ritiene non possa adottare, per quanto riguarda la tutela della concorrenza, una disciplina con contenuti
difformi da quella assicurata dal legislatore statale con il decreto legislativo n.163 del 2006, in attuazione
delle prescrizioni poste dall’U.E. (sentenza C.C. n. 221/2010).
Orbene nella disposizione in esame il legislatore al primo comma dispone che l’affidamento ad una banca o
ad un intermediario finanziario del servizio di gestione del Fondo regionale di garanzia avvenga
alternativamente o con procedure di evidenza pubblica o con “convenzione con l’ISMEA”.
Quest’ultima previsione, consistente nell’individuazione “ope legis” del gestore del servizio, configura una
palese violazione delle disposizioni del codice degli appalti nonché del Trattato dell’Unione Europea. Il
servizio in questione è infatti riconducibile all’allegato II A (categoria 6) del decreto legislativo n. 166/2006
ed in base all’art. 20, comma 2 del medesimo è soggetto, quanto alla scelta del contraente, alla disciplina
dell’evidenza pubblica di cui al capo III del Codice dei contratti. L’art. 20, comma 2 prescrive infatti che “gli
appalti di servizi elencati nell’allegato II A sono soggetti alle disposizioni del presente codice. L’allegato II
A, categoria 6 individua i servizi bancari e finanziari escludendo i contratti relativi all’emissione,
all’acquisto, alla vendita ed al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari, nonché di servizi forniti da
banche centrali.
E’ evidente che il servizio di gestione del fondo di garanzia, non rientrando nelle fattispecie escluse
espressamente, è riconducibile alla categoria generale dei servizi bancari e finanziari per i quali è presclusa la
possibilità di far ricorso ad affidamenti diretti con convenzioni. Peraltro, ai contratti stipulati con la Pubblica
Amministrazione che hanno come oggetto attività di rilevanza economica, come nel caso in ispecie, devono
sempre applicarsi le regole della comunità europea sulla concorrenza e, in particolare, gli obblighi di parità
di trattamento e di trasparenza e non discriminazione di cui agli articoli 43 e 49 del Trattato.
Nello specifico l’applicazione di dette previsioni comunitarie comporta che deve essere assicurata l’apertura
alla concorrenza (C. Giust. CE: 13 settembre 2007, C. 260/04; sez. I 13 ottobre 2005, C-458/03) e che ogni
interessato ha diritto di avere accesso ad informazioni adeguate prima che venga attribuito un servizio
pubblico di modo che se lo avesse desiderato, sarebbe stato in grado di manifestare il proprio interesse a
conseguirlo ( C. Giust. CE sez. I, 10 novembre 2005, C-29/04). Inoltre, trasparenza e pubblicità devono
essere date alla notizia dell’indizione della procedura di affidamento; imparzialità e non discriminazione
devono determinare le regole di conduzione della Pubblica Amministrazione. L’articolo 30 del decreto
legislativo n. 163/2006 ( dal titolo concessione di servizi) peraltro al comma 3 richiama “i principi generali
relativi ai contratti pubblici” (nel rispetto dei quali, oltre che di quelli desumibili dal Trattato, deve avvenire
la scelta del concessionario di servizi), che sono quelli di “trasparenza, adeguata pubblicità, non
discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità”; principi i quali impongono la
previa indizione di una gara, seppure informale.
In proposito il Consiglio di Stato nella decisione n. 60 del 10 gennaio 2007 ha affermato che “la
configurazione della convenzione alla stregua di una fattispecie atipica, estranea a quella dell’appalto di
servizi non incide sulla soggiacenza al principio di evidenza pubblica valevole per tutte le attività
contrattuali della P.A. pur se non soggette espressamente a disciplina di stampo nazionale o di derivazione
europea.
“E tanto in ossequio ai principi del Trattato in tema di tutela della concorrenza valevoli al di là dei confini
tracciati da direttive specifiche in quanto tesi ad evitare restrizioni ingiustificate e sproporzionate alla regola
generale della libertà di competizione. Detti principi sono vieppiù pertinenti nel caso in cui, pur in assenza di
un corrispettivo pecuniario a carico dell’ente pubblico, viene in rilievo un’utilità contendibile subspecie di
vantaggio pubblicitario e di avvicinamento ad una clientela di notevole dimensione”.
Articolo 17
Modifica di norme in materia di garanzie fornite dai soci garanti
di cooperative agricole ed alimentari
1. Dopo il comma 3 dell’articolo 27 della legge regionale 6 febbraio 2008, n. 1, è aggiunto il seguente
comma:
‘3 bis. Fermo restando lo stanziamento autorizzato dal Consiglio dell’Unione europea con decisione
2003/277/CE dell’8 aprile 2003, nel caso in cui, in relazione alla garanzia prestata dal socio, il creditore
non sia stato ammesso, in tutto o in parte, nello stato passivo della cooperativa e tuttavia abbia promosso
azioni esecutive nei confronti dei soci garanti, gli importi dei debiti garantiti, ai fini della presente legge,
sono quelli risultanti dai provvedimenti giudiziari passati in giudicato. Eventuali transazioni sono
concluse nei limiti previsti dal comma 2. Non hanno diritto a fruire dell’intervento esclusivamente i
soggetti che abbiano concorso alla insolvenza della cooperativa, la cui responsabilità sia stata accertata,
nei modi e nelle forme previste dall’articolo 2393 e seguenti del codice civile, o con sentenze penali di
condanna definitiva, con esclusione delle sentenze che abbiano definito il procedimento ai sensi
dell’articolo 444 c.p.p. Resta salvo il diritto della Regione di ripetere quanto corrisposto a seguito
dell’intervento, nei confronti dei soci che non abbiano titolo a beneficiare dell’intervento, subentrando
nelle relative garanzie.”
2. Al comma 2 dell’articolo 2 della legge regionale 10 ottobre 1994, n. 37, dopo le parole ‘secondo la
vigente normativa in materia’ sono aggiunte le seguenti: ‘e da altri soggetti anche privati che abbiano
acquistato il credito a norma della vigente legislazione in materia di circolazione dei beni’.
L’articolo in esame configura nella sostanza un’ampliamento della platea dei destinatari della
disposizione di cui all’articolo 2 della L.R. n.37/1994.
Tale norma rappresentando un aiuto di Stato alle cooperative agricole ha costituito oggetto dell’esame
prima della Commissione e successivamente del Consiglio dell’Unione Europea ai fini della verifica della
compatibilità con il mercato comune.
In particolare il Consiglio, con decisione dell’8 aprile 2003, ha ritenuto il sostegno finanziario disposto
dalla Regione siciliana con la cennata legge n. 37 del 1994 compatibile con il mercato comune in quanto
riferentesi esplicitamente alla legge 237/1993, già valutata positivamente dallo stesso Consiglio con
decisione del 22 luglio 1997, in quanto “definiva l’elenco dei beneficiari in funzione dei criteri richiesti
per l’iscrizione nell’elenco di cui alla normativa nazionale”.
Un’ulteriore estensione dei benefici, come nel caso in ispecie, per fattispecie non contemplate dalla L.R.
37/1994, né tanto meno dalle leggi nazionali 237/1993 e 338/2000, non è da ritenersi consentibile.
Il Consiglio Europeo, infatti, ha ritenuto, con la decisione prima citata, conforme all’articolo 88,
paragrafo 2, del Trattato CE l’intervento finanziario della Regione unitamente alle leggi statali di
riferimento, poichè esistono circostanze eccezionali tali da consentire di considerare compatibile il
sostegno economico “a titolo di deroga e nella misura strettamente necessaria”. L’attribuzione dei
benefici anche per situazioni originariamente non contemplate dalla più volte cennata L.R. 37/1994,
ponendosi in palese contrasto con la decisione del Consiglio dell’Unione espone lo Stato italiano alla
procedura di infrazione comunitaria e costituisce violazione dell’articolo 117, 1° comma della
Costituzione, nonché degli articoli 3 e 97 Cost. La norma infatti da un canto attribuisce benefici a
soggetti che, in applicazione di delimitati confini contenuti nella decisione di compatibilità comunitaria
del 2003, dovrebbero essere esclusi e dall’altro non tiene conto della situazione di coloro i quali, nelle
medesime condizioni di quelli ora considerati dalla norma testè approvata, non presentarono nei termini
l’istanza di ammissione perché sforniti dei requisiti richiesti .
Disparità di trattamento che si potrebbe inoltre riscontrare, secondo quanto rappresentato dai competenti
organi regionali ai sensi dell’articolo 3 D.P.R. 488/1969, anche rispetto a numerosi richiedenti nelle
medesime condizioni degli attuali beneficiari nei confronti dei quali si è già concluso negativamente il
procedimento amministrativo per l’attribuzione del beneficio.
La norma, infine, introducendo un’ulteriore fattispecie ammissibile comporterebbe l’obbligo per gli
uffici competenti di riformulare una nuova graduatoria dei beneficiari a modifica di quella già definitiva
ed operante con innegabile aggravio di procedure e conseguente violazione del principio di cui all’art. 97
della Costituzione.
Articolo 19
Disposizione transitoria
1. Al fine di venire incontro alle difficoltà finanziarie degli enti locali territoriali, esclusivamente per il
triennio 2011/2013, non trova applicazione la disposizione di cui al comma 4 dell’articolo l della
legge regionale 31 agosto 1998, n. 16.
La disposizione sopra riportata prevede il rinvio, per un ulteriore triennio, della riorganizzazione del servizio
di meccanizzazione agricola gestito dall’E.S.A. che, secondo quanto stabilito dall’art. 1 della legge regionale
n. 16 del 1998, doveva essere avviata entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della stessa, sulla base dei
principi di efficienza, efficacia ed economicità di gestione, anche mediante la revisione delle tariffe
applicate, al fine di assicurare una copertura minima del 40% della spesa entro un biennio.
Detta previsione legislativa non ha trovato sinora applicazione a seguito del susseguirsi di proroghe del
termine originario disposte da numerose leggi regionali e, in ultimo, dall’articolo 11 della L.R. 13/2009.
Il procrastinarsi per un ulteriore triennio del processo di riordino del servizio in questione, non giustificabile
peraltro con l’apodittica affermazione delle difficoltà finanziarie degli enti locali territoriali, cui in ipotesi si
potrebbero eventualmente applicare tariffe differenziate, crea un innegabile nocumento al buon andamento
della pubblica amministrazione, tutelato dall’articolo 97 della Costituzione, che verrebbe compromesso dalla
prosecuzione di una gestione inefficace, inefficiente ed antieconomica, riconosciuta come tale dal legislatore
sin dal 1998 e bisognosa di un sollecito processo di riorganizzazione.
Art. 20
Norme in materia di agevolazioni fiscali per la ricomposizione fondiaria
1. Al comma 1 dell’articolo 60 della legge regionale 26 marzo 2002, n. 2, le parole ‘31 dicembre 2011’
sono sostituite dalle parole ‘31 dicembre 2013’.
2. La disposizione del presente articolo trova applicazione con decorrenza 1 gennaio 2012.
La disposizione prevede l’ulteriore proroga per un biennio delle agevolazioni fiscali di cui all’art. 60 della
L.R. n. 2 del 2002 volte a favorire la ricomposizione fondiaria e consistenti nell’esenzione dalle imposte di
bollo e catastale e nella riduzione dell’imposta di registro e ipotecaria in favore degli acquirenti di terreni
agricoli.
La norma testé approvata non contiene, a differenza di quanto previsto dall’art. 60 L.R. n.2/2002 e dall’art.
32 della L.R. n. 2/2007, né la quantificazione delle minori entrate per il biennio 2012-2013 né, tantomeno,
l’indicazione delle risorse con cui farvi fronte, ponendosi così in palese contrasto con l’art. 81, 4° comma
della Costituzione.
Codesta eccellentissima Corte con costante giurisprudenza ha affermato che l’osservanza del precetto posto
dall’art. 81 vale non solo per l’esercizio in corso ma anche per gli esercizi successivi e costituisce il
parametro di riferimento per valutare l’attendibilità delle deliberazioni comportanti oneri aggiuntivi e/o
minori entrate che vanno a gravare sugli esercizi futuri. L’esigenza imposta dalla costante interpretazione
dell’art. 81, 4° comma, lungi dal costituire un inammissibile vincolo per i Parlamenti futuri, tende ad evitare
che gli stessi siano costretti a far fronte, al di fuori di ogni margine di apprezzamento, ad oneri assunti in
precedenza senza adeguate ponderazioni dell’eventuale squilibrio futuro (sentenza C.C. n. 25/1993).
L’obbligo di una ragionevole e credibile indicazione dei mezzi di copertura per gli esercizi futuri è invero
diretta ad indurre il legislatore a tener conto dell’esigenza di un equilibrio tendenziale tra entrate e spese la
cui alterazione, in quanto riflettentesi sull’eventuale indebitamento, postula una scelta legata ad un giudizio
di compatibilità con tutti gli oneri autorizzati previsti per gli anni futuri.
Art. 22
Norme in materia di personale dei consorzi agrari
1. La disciplina di cui alla legge regionale 28 novembre 2002, n. 21, va interpretata nel senso che la
stessa si applica al personale dei consorzi agrari in servizio alla data del 31 dicembre 2009 e che
cessano dal medesimo servizio in conseguenza dello scioglimento del consorzio o della chiusura
definitiva di settori di attività.
La norma sopra trascritta sostanzialmente prevede che i dipendenti dei Consorzi agrari, in servizio alla data
del 31 dicembre 2009, a seguito dello scioglimento o della chiusura definitiva di settori di attività degli stessi
siano trasferiti, in applicazione dell’art. 1 della L.R. n.21/2002, sino al raggiungimento dell’età pensionabile
nell’apposita area speciale transitoria ad esaurimento istituita presso la RESAIS S.p.A,. società a totale
partecipazione regionale finanziata da annuali trasferimenti a carico del bilancio della Regione.
La disposizione, al pari della precedente prima menzionata, non quantifica l’onere derivante
dall’applicazione né provvede ad indicare le risorse con cui dare copertura alla nuova, maggiore spesa di
durata peraltro non determinata.
Né d’altronde dai lavori parlamentari possono evincersi idonei elementi atti a determinare l’ammontare
complessivo della maggiore spesa ed a indicare le necessarie risorse finanziarie. Né, tantomeno, risulta
redatta dall’amministrazione regionale la relazione tecnica sulla quantificazione degli oneri e sulla correlata
copertura finanziaria di cui all’art.7 L.R. 47/1977, giacché la previsione legislativa è di origine parlamentare.
Non si può peraltro legittimamente sostenere che sia soddisfatta l’esigenza di indicazione delle risorse,
voluta dall’art.81, 4° comma della Costituzione (sentenza C.C. n.66/1959), dall’esistenza nel bilancio
regionale del capitolo 242525, le cui disponibilità sono già totalmente utilizzate per dare attuazione alla
previsione della L.R. 21/2002 senza l’integrazione che il legislatore intende introdurre con la norma
censurata.
L’iscrizione della spesa nei documenti finanziari degli anni successivi sarebbe, infatti, sorretta da una
previsione legislativa priva dell’indispensabile indicazione dei mezzi di copertura.
Non sono sufficienti a far superare la censura di costituzionalità i chiarimenti forniti dall’amministrazione
regionale ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 488/69. Gli stessi infatti, sebbene indichino in 15 unità i beneficiari
della disposizione e quantifichino l’ammontare dell’onere annuale in circa 492.000 euro, non contengono la
proiezione decennale della spesa in relazione anche alle dinamiche salariali ed al raggiungimento dell’età
pensionabile dei lavoratori. L’amministrazione regionale inoltre non dà garanzie idonee in merito alla
copertura finanziaria della norma in questione in quanto fa riferimento alla potenziale capienza del capitolo
242525. Non viene infatti specificato se tale capienza sia effetto dell’avvenuto esodo del personale dei
consorzi agrari reinserito nel ruolo speciale transitorio della RESAIS S.p.A. in virtù della legge regionale
31/2002. L’asserita disponibilità di risorse potrebbe infatti derivare dalla riduzione del numero dei dipendenti
provenienti da enti diversi dai consorzi agrari posti in liquidazione beneficiari di specifiche e distinte leggi
con autonome coperture finanziarie e stanziamenti.
Codesta ecc.ma Corte ha precisato che il principio della copertura finanziaria previsto dall’art.81 Cost.
costituisce la garanzia costituzionale della responsabilità politica correlata ad ogni autorizzazione legislativa
di spesa e che al rispetto di tale principio, rientrante tra quelli di coordinamento finanziario, sono tenuti tutti
gli enti in cui si articola la Repubblica.
Corollario di tale principio è quello dell’equilibrio finanziario sostenibile, di cui il Patto di stabilità e crescita
costituisce il principale parametro esterno.
Principio quest’ultimo che, avvalorato dall’art.119 della Costituzione, si pone in piena sintonia con i criteri
di convergenza europea ed implica la stretta osservanza dell’obbligo di una finanza pubblica responsabile a
garanzia della complessiva tenuta del disegno costituzionale.
Codesta ecc.ma Corte ha pertanto più volte precisato che “il legislatore regionale non può sottrarsi alle
fondamentali esigenze di chiarezza e solidità del bilancio cui l’articolo 81 si ispira” (ex multis sentenza n.359
del 2007) ed ha anche chiarito che la copertura di nuove spese, come indubbiamente quella in esame
derivante dall’interpretazione estensiva di una norma preesistente, deve essere credibile, sufficientemente
sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare in esercizi
futuri (sentenza n.141 del 2010).
Codesta Corte ha, altresì, ribadito che il principio di cui all’art.81, 4° comma Cost. è vincolante anche per le
regioni a statuto speciale (sentenza C.C. n. 213/2008), specificando che una ragionevole indicazione di
mezzi di copertura deve sussistere in caso di spese pluriennali, come quella introdotta dalla norma censurata
per gli anni successivi affinché il legislatore tenga conto dell’esigenza di un equilibrio tendenziale fra entrate
e spese, la cui attuazione, che si riflette sull’indebitamento, postula una scelta legata ad un giudizio di
compatibilità con tutti gli oneri già gravanti negli esercizi futuri (sentenza n.25/1993; n.384/1991).
Esigenze queste non tenute in alcun conto dalla norma contenuta nell’art. 22 che, si ripete, non quantifica la
nuova maggiore spesa e non provvede a reperire le risorse con cui farvi fronte ponendosi in evidente
contrasto con l’art. 81, 4° comma della Costituzione.
Articolo 25
Norme in materia di disciplina del “debbio”
1. In attuazione della lettera f), dell’art. 185 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come sostituito
dal comma 1 dell’art. 13 del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, nella Regione è ammessa la
bruciatura di paglia, sfalci e potature nonché di altro materiale agricolo, forestale naturale non
pericoloso, utilizzati in agricoltura come pratica agricola, nell’ambito dell’azienda in cui si
producono e fermo restando il divieto per le aree individuate ai sensi della Direttiva 30 novembre
2009, n. 2009/147/CE pubblicata nella g.u.u.e. 26 gennaio 2010, n. L 20 e della Direttiva 21 maggio
1992, n. 92/43/CEE, pubblicata nella g.u.u.e. 22 luglio1992, n. L 206.
2. L’Assessore regionale per le risorse agricole ed alimentari, d’intesa con l’Assessore regionale per il
territorio e l’ambiente, con decreto da adottarsi entro il termine tassativo di 30 giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, disciplina l’utilizzo del ‘debbio’ quale buona e normale pratica
agricola, in conformità a quanto previsto dall’art. 2 lettera f) della Direttiva 19 novembre 2008, n.
2008/98/CE, pubblicata nella g.u.u.e. 22 novembre 2008, n. L 312 .
Al fine dell’esame della sopratrascritta norma è necessario rilevare che il decreto legislativo n. 205 del
3/12/2010, che ha recepito la nuova normativa europea sui rifiuti (direttiva 2008/98 CE) ha modificato le
precedenti norme contenute nella parte IV del codice dell’ambiente (decreto legislativo n. 152/2006),
cambiando la modalità con cui vengono considerati i residui delle colture agricole e chiarendo il campo di
applicazione della norma sui rifiuti stessi. L’articolo 13 della nuova normativa, infatti, riscrivendo e
sostituendo l’art. 185 del codice dell’ambiente, indica tra le categorie escluse dal campo di applicazione del
decreto “paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati
in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi
che non danneggiano l’ambiente nè mettono in pericolo la salute umana”.
Risulta di conseguenza esclusa la possibilità della combustione dei residui colturali senza relativa produzione
di energia, attività che si configura quindi come smaltimento di rifiuti agricoli sottoposti alla parte IV del
codice dell’ambiente e pertanto sanzionabile ai sensi dell’articolo 256 dello stesso codice.
Così ripercorso il quadro normativo di riferimento, è necessario verificare se lo stesso trova applicazione
nell’ambito regionale siciliano.
Codesta eccellentissima Corte con costante giurisprudenza antecedente e successiva alla riforma del Titolo V
della Costituzione (ex plurimis sent. 222/2003), ha chiarito che la tutela dell’ambiente è un valore trasversale
che interseca materie diverse quali, principalmente, l’urbanistica, i beni ambientali e la sanità.
L’articolo 117, comma 2 lett. s) della Costituzione riserva la “tutela dell’ambiente, del’ecosistema e dei beni
culturali” alla competenza esclusiva dello Stato.
L’art. 10 della legge costituzione n. 3/2001 ha sancito che “sino all’adeguamento dei rispettivi statuti le
disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle regioni a statuto speciale ed alle
province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomie più ampie
rispetto a quelle già attibuite”.
Lo Statuto speciale siciliano non prevede esplicitamente la materia “ambiente” e pertanto necessita
verificare, di volta in volta, sotto quale aspetto la tutela ambientale venga considerata, poiché la Regione
siciliana gode di competenza esclusiva sotto il profilo urbanistico e della tutela del paesaggio, ed è titolare di
competenza legislativa concorrente sotto il profilo dell’igiene e della sanità.
Orbene, poiché la normativa in questione non è direttamente riconducibile ad alcuna delle materie di
competenza regionale, compresa quella dell’agricoltura e foreste deve concludersi che nel caso in ispecie
debba ritenersi attribuito allo Stato non solo il recepimento, ma anche la disciplina di attuazione della
cennata direttiva europea 2008/98/CE.
E deve conseguentemente ritenersi applicabile in Sicilia l’impianto normativo statale sopra riassunto con
conseguente illegittimità costituzionale di ogni norma regionale che abbia in qualunque modo l’effetto di
attenuare, o come nel caso in ispecie escludere, l’applicazione delle determinazioni già assunte dallo Stato
per rispondere ad esigenze considerate meritevoli di disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale
(sentenza C.C. n. 407/2002).
Con la disposizione in questione il legislatore regionale esorbita dalle competenze attribuitegli dallo Statuto
speciale ed introducendo una deroga a quanto prescritto dall’articolo 185 del decreto legislativo 152/2006
rende lecita una condotta sanzionata dall’art. 256 del codice dell’ambiente con la pena dell’arresto da 3 mesi
ad un anno o con l’ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro, interferendo così nella materia penale di esclusiva
spettanza dello Stato.
Articolo 26
Norme in materia di Istituto sperimentale zootecnico per la Sicilia
1. Dopo l’articolo 39 della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30, è inserito il seguente:
‘Art. 39 bis – Competenze dell’Istituto sperimentale zootecnico della Sicilia - 1. All’Istituto sperimentale
zootecnico della Sicilia, nell’ambito dei propri fini istituzionali e nell’interesse della Regione, sono attribuite
le ulteriori seguenti funzioni:
a) progettazione, ricerca ed utilizzazione dei sottoprodotti zootecnici;
b) progettazione e ricerca sui prodotti caseari del territorio;
c) didattica avanzata sul territorio per la caseificazione e trasformazione dei prodotti derivati dalla carne;
d) messa a reddito delle aree disponibili, esclusivamente per le finalità istituzionali dell’Ente, attraverso la
promozione di: progetti relativi alle aree mercatali e paesistiche; progetti relativi alle aree di pubblica
fruizione per manifestazioni ed eventi; progetti di sperimentazioni agrarie; progetti tesi alla salvaguardia
e valorizzazione della biodiversità animale e vegetale siciliana, senza ulteriori oneri a carico del bilancio
regionale;
e) curare ed assicurare le azioni di miglioramento zootecnico, libri genealogici, registri anagrafici e
controlli funzionali per le specie e le razze allevate in Sicilia in attuazione dei commi 7 e 8 dell’art. 6
della legge regionale 5 giugno 1989 n. 12, introdotti dall’articolo 15 della legge regionale 18 maggio
1996, n. 33.’
L’articolo 26, primo comma lettera e) si ritiene censurabile per violazione dell’articolo 117, 1° comma della
Costituzione e dell’articolo 14 dello Statuto speciale.
Esso infatti dispone che sia l’istituto sperimentale zootecnico per la Sicilia competente a curare ed assicurare
i libri genealogici e i registri anagrafici delle razze allevate nella regione in difformità da quanto previsto
dall’art. 3 della legge 30/1991. Le direttive comunitarie 2009/157/CE, n. 89/361/CEE, n. 88/661/CEE, n.
90/427/CEE e n. 91/174/CEE demandano tutte la tenuta dei libri, schedari e registri genealogici relativi agli
animali di specie bovina, suina, ovina, caprina ed equina ad organizzazioni e/o associazioni di allevatori
riconosciute ufficialmente dagli stati membri ovvero da un servizio ufficiale dello Stato membro in causa.
Lo Stato italiano ha dato attuazione alle cennate direttive con la legge 15 gennaio 1991 n. 30, le cui
disposizioni costituiscono norme fondamentali di riforme economico-sociale per le regioni a statuto speciale,
ed ha disposto all’art. 3 che i libri genealogici sono istituiti e tenuti dalle associazioni nazionali di allevatori
di specie o di razze, dotati di personalità giuridica ed in possesso dei requisiti stabiliti con decreto del
Ministro dell’agricoltura e foreste.
Atteso che la disposizione statale di cui sopra costituisce norma fondamentale di riforma economico-sociale
della Repubblica, essa vincola il legislatore regionale nell’esercizio della competenza esclusiva di cui
all’articolo 14 lett. q) e non può essere dallo stesso disattesa con l’adozione di una norma contenete una
disciplina difforme da quella prevista dalla legge statale.
Articolo 35
Agenzia per il Mediterraneo
1. L’Agenzia per il Mediterraneo, società a responsabilità limitata con scopo consortile non lucrativo,
con sede legale in Palermo, costituita nel 2008 dai Gruppi di azione locale siciliani, organismi
intermedi nell’attuazione dei programmi operativi regionali dei fondi strutturali, con un progetto
finanziato dall’Unione europea, dallo Stato e dalla Regione, quale soggetto giuridico comune per la
cooperazione regionale ed extraregionale, fornisce il supporto operativo alla realizzazione di
politiche di rete per superare la frammentazione delle competenze in materia di sviluppo locale; per
dare efficacia ed efficienza al processo di animazione, programmazione, gestione e monitoraggio
degli interventi per lo sviluppo; per realizzare l’integrazione e la complementarietà degli strumenti
finanziari e dei progetti di cooperazione, ricerca e sviluppo, promossi dai dipartimenti regionali, dagli
organismi intermedi ed altri soggetti istituzionali e non.
2. Entro il primo semestre di ogni anno, l’Agenzia per il Mediterraneo presenta al Governo il rapporto
di monitoraggio sull’integrazione e complementarietà delle politiche di sviluppo locale.
3. Per l’espletamento dell’attività istituzionale dell’Agenzia per il Mediterraneo è autorizzata, per
l’esercizio finanziario 2011, la concessione di un contributo di 100 migliaia di euro, cui si fa fronte
con risorse disponibili trasferite dallo Stato per gli anni dal 2002 al 2010, ai sensi della legge 23
dicembre 1999, n.499.
L’articolo sopra trascritto si ritiene essere in contrasto con gli articoli 81, 4° comma e 97 della Costituzione.
La disposizione prevede, infatti, a copertura degli oneri che ne derivano, l’utilizzo delle risorse indisponibili,
trasferite dallo Stato per gli anni dal 2002 al 2010 ai sensi della legge 23 dicembre 1999, n. 499. Tali risorse
sono assegnate dallo Stato alle regioni per interventi tassativamente indicati e come tali non utilizzabili per
finalità diverse non attinenti alla materia oggetto di disciplina della cennata legge n. 499.
I competenti organi regionali, in sede di chiarimenti forniti ai sensi dell’articolo 3 del D.P.R. n.488 del 1969,
hanno rappresentato che le attività svolte dall’Agenzia per il Mediterraneo non sono riconducibili a quelle
finanziate dalla legge 499/1999 .
E’ quindi evidente che essendo precluso l’utilizzo delle somme trasferite dallo Stato e non essendo indicata
altra modalità di copertura degli oneri derivanti dalla sopracitata disposizione, la stessa sia in contrasto con
l’art. 81,comma 4 della Costituzione. La norma non è inoltre conforme al principio di cui all’articolo 97
Cost. giacchè non può ritenersi indice di buona amministrazione distogliere risorse destinate ad interventi
strutturali ed in conto capitale per finanziare le spese correnti di un organismo privato per lo svolgimento
della propria attività istituzionale.
Art. 36
Modifica di norme in materia di integrazione regionale dei fondi rischi per i consorzi fidi
1. Dopo il comma 5 quater dell’articolo 3 della legge regionale 21 settembre 2005, n. 11, è aggiunto il
seguente:
‘5 quinquies. Per gli anni 2010, 2011 e 2012 le agevolazioni della presente legge si applicano ai confidi che
abbiano già ottenuto il riconoscimento regionale degli Statuti anche se non in possesso dei parametri e dei
punteggi di cui ai commi 5 bis e 5 ter’.
La norma consente l’integrazione a carico del bilancio della Regione dei fondi rischi costituiti presso i
confidi indipendentemente dal mancato rispetto di tutti i parametri previsti dall’art. 3 della L.R. 11/2005
come condizione per l’erogazione del beneficio, ovverossia un volume minimo di attività finanziaria svolta,
il patrimonio netto del consorzio non inferiore a 250.000 euro, il rapporto medio di utilizzo del fondo, le
garanzie rilasciate, l’ambito operativo e la composizione degli organismi in questione. Siffatta previsione,
nel non condizionare neanche ad un livello minimo di operatività, dimensioni e capitalizzazione la
corresponsione dei benefici di cui al cennato art. 3 della L.R. 11/2005, si ritiene censurabile sotto il profilo
della violazione dell’art. 97 della Costituzione. Sarebbe infatti autorizzata l’erogazione di risorse pubbliche
per un triennio in assenza di un preventivo indispensabile riscontro sull’attività svolta dai confidi che, in
ipotesi potrebbe pure essere stata inesistente, inefficace ed antieconomica ma che in ogni caso sarebbe
ritenuta valida e meritevole ai fini della corresponsione di contributi ed agevolazioni a carico del bilancio
regionale.
Art. 38
Disposizioni per il contrasto all’obesità giovanile
1. Nelle scuole di ogni ordine e grado ubicate nel territorio della Regione, allo scopo di contrastare la
crescente obesità giovanile, è autorizzata la somministrazione, presso i distributori automatici, di
spremuta di arance fresche, confezioni di frutta fresca tagliata e altre produzioni ortofrutticole
siciliane. Nei distributori automatici è vietata la somministrazione di bevande gassate di ogni
tipologia.
2. L’Assessorato regionale dell’istruzione e della formazione professionale, di concerto con
l’Assessorato regionale della salute e con l’Assessorato regionale delle risorse agricole e alimentari,
disciplina i criteri e le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 a decorrere
dall’anno scolastico 2012-2013.
La sopratrascritta norma, seppure in astratto condivisibile negli intenti, risulta in contrasto con l’art. 120
comma 1 della Costituzione in quanto potenzialmente ostacola la libera circolazione delle merci
discriminando i produttori industriali di bevande gassate di ogni tipologia soggetti alle misure restrittive
imposte dal legislatore regionale.
La disposizione, inoltre, laddove autorizza la somministrazione nei distributori automatici di prodotti agricoli
siciliani si pone in evidente contrasto con l’art. 110 del Trattato dell’Unione europea che vieta espressamente
agli Stati membri di introdurre restrizioni volte a proteggere indirettamente le merci prodotte al proprio
interno e quindi viola l’art. 117, 1° comma della Costituzione.
Art. 40.
Norme in materia di personale della Fiera del Mediterraneo e dei Consorzi di bonifica
‘1. Le somme oggetto di contributi straordinari finalizzati al pagamento di salari, stipendi competenze ed
oneri accessori, erogati dall’Amministrazione regionale in favore del personale dell’Ente autonomo Fiera
del Mediterraneo, sono assoggettate alla disciplina di cui all’articolo 159 del decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica altresì ai dipendenti dei Consorzi di bonifica.
3. Per sopperire ai compiti istituzionali degli enti, le disposizioni di cui al comma 1 dell’articolo 1 della
legge regionale 28 giugno 2010, n. 14, si applicano, sino al 31 dicembre 2011, anche a coloro che hanno
svolto funzioni amministrative nel triennio 2007/2009, per la prosecuzione delle medesime funzioni. Per
le finalità del presente comma, è autorizzata, per l’esercizio finanziario 2011, la spesa di 200 migliaia di
euro, cui si provvede con parte delle disponibilità dell’U.P.B. 4.2.1.3.2 – capitolo 212527.’
La previsione legislativa configura un’illegittima interferenza in materia di diritto privato ed è pertanto in
violazione dell’art. 117, comma 2 lett. l) della Costituzione.
Essa, infatti, assoggettando alla disciplina dell’art. 159 del decreto leg.vo n. 267 del 2000 i contributi
straordinari finalizzati al pagamento di salari e stipendi erogati dalla Regione all’Ente autonomo Fiera del
Mediterraneo ed ai consorzi di bonifica sostanzialmente ne dichiara l’impignorabilità da parte dei creditori
dei suddetti enti e sottoponendo le somme di denaro in questione alla disciplina di cui all’art. 514 del c.p.c.
limita arbitrariamente la responsabilità patrimoniale dei suddetti enti nei confronti di terzi creditori.
Orbene, la espropriabilità del denaro e dei crediti può essere esclusa solo in casi espressamente e
tassativamente previsti dal legislatore statale, che solo può stabilire l’impignorabilità di determinate somme o
imprimere sulle stesse un vincolo di destinazione all’esercizio di una concreta funzione demandata all’azione
di pubblici poteri. Le indicazioni sull’impignorabilità dei beni nel vigente ordinamento sono desumibili dagli
articoli 514, 515 e 516 del codice di procedura civile e dalle leggi speciali, quali ad esempio l’art.1 comma
294 della l. 266/05 ed il sopra richiamato articolo 159 del decreto leg.vo 267/2000 in riferimento alle somme
di denaro destinate al pagamento delle retribuzioni del personale. Le cennate disposizioni, che stabiliscono
l’impignorabilità di determinati tipi di beni o fissano vincoli di destinazione alle somme erogate dalle
amministrazioni pubbliche, in quanto introducono una limitazione alla responsabilità patrimoniale del
debitore indicata dall’art. 2740 del codice civile sono di stretta interpretazione non analogica e/o estensiva e
non possono che promanare dal legislatore statale.
Il terzo comma inoltre si ritiene essere in contrasto con l’art. 81, 4° comma della Costituzione.
Codesta eccellentissima Corte con costante e consolidata giurisprudenza ha chiarito che il legislatore
regionale non può sottrarsi a quella fondamentale esigenza di chiarezza e solidità del bilancio cui l’art. 81
Cost. si ispira (ex plurimis, sentenze n. 106/2011, n. 141 e 100 del 2010, n. 386 del 2008 e n. 359 del 2007);
ed ha anche precisato che la copertura di nuove spese <<deve essere credibile sufficientemente sicura, non
arbitraria o irrazionale, in equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare in esercizi futuri>> (tra
le più recenti, si vedano le sentenze n. 100 del 2010 e n. 213 del 2008). Codesta Corte ha anche
puntualizzato, relativamente a fattispecie analoga a quella oggi oggetto di scrutinio, che l’indicazione della
copertura ai sensi dell’art. 81, 4° comma <<è richiesta anche quando alle nuove o maggiori spese possa farsi
fronte con somme già iscritte nel bilancio purché rientrino in un capitolo che abbia capienza per l’aumento di
spesa>> a condizione che, preventivamente o contestualmente, si proceda alla riduzione delle somme
assegnate ad uno e/o più capitoli con uno “storno” e si assegni la differenza a nuovi capitoli o a capitoli
esistenti”.
Occorre sempre, per soddisfare al precetto dell’art. 81 Cost., che il legislatore faccia menzione dello storno e,
ancora, con apposita disposizione nella legge stessa siano autorizzate le debite variazioni al bilancio
(sentenza C.C. n. 30/1959).
Art. 41.
Norme in materia di personale delle società a partecipazione regionale
‘1. Per gli anni 2011, 2012 e 2013 gli enti regionali e le società a totale partecipazione regionale, per
sopperire al bisogno di esperti e/o dirigenti devono prioritariamente attingere al proprio personale.
2. Per le finalità di cui al comma 1, l’Amministrazione regionale può fare ricorso al personale del
predetto comma 1.’
La norma sopra trascritta da un canto dispone che per un triennio gli enti regionali e le società a totale
partecipazione regionale devono fare prioritariamente ricorso al proprio personale per sopperire al bisogno di
esperti o dirigenti e, dall’altro, per le medesime finalità stabilisce che l’amministrazione regionale può
utilizzare dipendenti provenienti dai predetti enti e società.
La norma dà origine ad una promiscuità di utilizzo dei dipendenti provenienti da amministrazioni, enti e
società diversi, senza peraltro distinguere se gli stessi siano titolari di contratti di lavoro a tempo
indeterminato e/o determinato instaurati o meno in base a procedure di selezione pubblica e comporta la non
remota evenienza di immissione nei ruoli regionali di personale assunto con procedure civilistiche e non
sottoposto a verifica preventiva e comparativa dei requisiti e della capacità professionale posseduti, in
violazione dei principi posti dagli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione in materia di accesso al pubblico
impiego.
PER I MOTIVI SUESPOSTI
e con riserva di presentazione di memorie illustrative nei termini di legge, il sottoscritto prefetto Carmelo
Aronica, Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, ai sensi dell’art. 28 dello Statuto Speciale, con il
presente atto
I M P U G N A
I sottoelencati articoli del disegno di legge n. 732-672-699-700-713 dal titolo “Interventi per lo sviluppo
dell’agricoltura e della pesca. Norme in materia di artigianato, cooperazione e commercio. Variazioni di
bilancio” approvato dall’Assemblea regionale siciliana nella seduta del 9 novembre 2011:
· art. 14 per violazione dell’art. 81, comma 4 della Costituzione;
· art. 15, 1° comma limitatamente all’inciso “ovvero all’ISMEA previa stipula di apposita convenzione”
per violazione dell’art. 14 dello Statuto Speciale e dell’art. 117, comma 1 e 2, lett. e) della Costituzione;
· art. 17, 1° comma per violazione degli articoli 3, 97 e 117, comma 1 della Costituzione;
· art. 19 per violazione dell’art. 97 della Costituzione;
· art. 20 per violazione dell’art. 81, comma 4 della Costituzione;
· art. 22 per violazione dell’art. 81, comma 4 della Costituzione;
· art. 25 per violazione dell’art. 117, commi 1 e 2, lett. l) e lett. s) della Costituzione, nonché dell’art. 185,
lett. f) del D.lgs. 152/2006, come sostituito dal comma 1 dell’art.13 del D.lgs. 205/2010;
· art. 26, 1° comma lett. e) per violazione dell’articolo 117, comma 1 della Costituzione e dell’articolo 3
della legge 15 gennaio 1991 n. 30 in relazione ai limiti posti dall’art. 14 dello Statuto Speciale;
· art. 35 per violazione degli articoli 81, comma 4 e 97 della Costituzione;
· art. 36 per violazione dell’art. 97 della Costituzione;
· art. 38 per violazione degli articoli 117, comma 1 e 120, comma 1 della Costituzione;
· art. 40 per violazione degli articoli 81, comma 4 e 117, comma 2, lett. l) della Costituzione;
· art. 41 per violazione degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione.
Palermo 17 novembre 2011
Il Commissario dello Stato
per la Regione Siciliana
(Prefetto Carmelo Aronica)
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