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Maxi frode sul Bio

Ricevo da Fabrizio La Carrubba e pubblico.

Maxi-frode alimentare sul bio, 7 arresti. Perquisizioni anche ad Albignasego

La maxi-truffa scoperta dalla Guardia di finanza di Verona. Le dimensioni dell'imbroglio, che era in atto dal 2007? Una fila di Tir carichi di 7 milioni di quintali di prodotti alimentari con la falsa etichetta ’biologico" lunga oltre 500 chilometri già immessi sul mercato (valore 220 milioni di euro)
VERONA. Perquisizioni anche a Padova per la maxi-truffa alimentare scoperta dalla Guardia di finanza di Verona, che ha portato all'arresto di sette persone per associazione a delinquere, frode e falso. Le dimensioni della truffa, che era in atto dal 2007?
Una fila di Tir carichi di 7 milioni di quintali di prodotti alimentari con la falsa etichetta ’biologico" lunga oltre 500 chilometri, la distanza tra Verona e Roma: tutta merce già immessa sul mercato. Le "fiamme gialle" hanno messo le mani su un "meccanismo" che ruotava attorno ad aziende a tutti gli effetti produttrici di prodotti biologici, ma che, grazie alla compiacenza di funzionari e dipendenti di organismi deputati a certificare come biologica la produzione e la provenienza dei prodotti agricoli, non avevano remore a trasformare frumento, farine, frutta fresca e altro coltivati normalmente o destinati ad altro tipo di alimentazione in «autentico biologico». Il tutto, con guadagni che quadruplicavano.

L’operazione, denominata "Gatto con gli stivali", coordinata dalla Procura della Repubblica di Verona - Pm Maria Beatrice Zanotti e Maria Federica Ormanni - ha portato al sequestro materiale di 2.500 tonnellate di prodotti agro-alimentari, ma sulla carta è stato ricostruito un giro di immissione sui mercati in questi anni di 7 milioni di quintali, pari a un valore di oltre 220 milioni di euro. Il mercato del biologico in Italia, secondo una stima fornita dagli investigatori, ha un giro d’affari annuo di tre miliardi di euro e in Europa di 17 miliardi. Secondo la Coldiretti, un italiano su due compra bio.
In carcere sono finiti: Luigi Marinucci, 63 anni, di Angiari (Verona), legale rappresentante della Sunny Land Spa e della Società agricola Marinucci; Davide Scapini, 43 anni, di Sona (Verona), socio al 49% e direttore commerciale della Sunny Land oltre che rappresentante di altre aziende; Angela Nazaria Siena, 39 anni, di San Severo (Foggia), rappresentante della Bioecoitalia Srl e di altre aziende nel settore agricolo-cereale; Andrea Grassi, 45 anni, di Argenta (Ferrara), consulente e rappresentante di aziende agricole; Michele Grossi, 36 anni, di Fano (Pesaro-Urbino), direttore regionale per le Marche dell’Organismo di certificazione e controllo di suolo e salute. E poi, Stefano Spadini, 46 anni, genovese, residente a Monte Cerignone (Pesaro-Urbino), consulente della Direzione regionale delle Marche di Suolo e salute; Caterina Albiero, 47 anni, di Salizzole (Verona), socio accomandatario della Bioagri Sas e rappresentante legale de La Spiga Srl.
Altre sei persone risultano indagate a piede libero e perquisizioni sono state fatte in queste ore in case e aziende in provincia di Padova, Verona, Rovigo, Bergamo, Bologna, Macerata e Foggia. Complessivamente, le indagini hanno riguardato una quarantina di imprese - tutte operanti nel settore della produzione e commercializzazione di cereali e frutta fresca - in Veneto, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, Lazio, Marche, Abruzzo, Puglia e Sardegna.
Il meccanismo della frode, particolarmente complesso, prevedeva di fatto acquisti di merce in Italia e in Romania - qui grazie a una società creata ad hoc - la "trasformazione" attraverso falsa documentazione in prodotto "biologico" e la vendita dello stesso, con relativo valore moltiplicato, oltre che in Italia, in Olanda, Germania, Spagna, Francia, Belgio, Ungheria, Austria e Svizzera. Da accertare se all’estero c’erano complici. I falsi prodotti biologici alla fine sono finiti a grossisti dell’industria agro-alimentare, ma sul piano della salute fortunatamente non sono stati trovati motivi per ipotizzare il danno alimentare.

Commenti

  1. Paolo Giovanni Alberto7 dicembre 2011 alle ore 11:58

    Chi opera nel settore sa perfettamente che tutto questo sarà possibile finchè il controllo sarà eseguito da persone pagate dai controllati. Ovviamente esistono centinaia di ispettori rigorosi, ma basta qualche mela marcia (in questo caso viste le proporzioni qualche tonnellata)a gettare fango su enti e produttori oltre a far spendere di più (e su questo si potrebbe aprire un altro capitolo) per dei prodotti diversi da quelli richiesti dai consumatori

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  2. E' triste dover pensare che per colpa di pochi (che hanno montato la maxi frode) adesso a pagare le conseguenze saranno tanti agricoltori onesti che vedranno i consumatori perdere fiducia al sistema bio; per guadagnare la fiducia dei consumatori occorre lavorare tanto ed a lungo, per perderla ci vuole pochissimo.
    Voglio ricordare ai consumatori che comunque non si può fare di tutta l'erba un fascio, e che la scoperta della truffa contribuirà a migliorare il sistema di controllo della certificazione biologica, per cui alla fine potranno stare più tranquilli di prima.
    Il biologico, prima ancora di essere un sistema per raggiungere una nicchia di consumatori attenti alla salute in modo diverso dai più, è un sistema di pensiero e di vita che l'operatore trasferisce nello svolgimento dell'attività agricola.

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  3. Dall’esame di tutti i documenti che interessavano le ditte
    coinvolte si è accertato che il volume di prodotti con falsa
    certificazione biologica è meno del 2,5% di quello prospettato dalla GdF, che si riferisce all’intera quantità registrata dalle ditte indagate, che risulta perdipiù frutto anche di fatturazione fittizia: non a caso agli arrestati vengono addebitati i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture e altri documenti inesistenti, la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.

    Anche il valore dei prodotti accompagnati da certificati falsificati è nettamente inferiore a quello stimato la settimana scorsa: applicando le quotazioni di mercato odierne, arriviamo a fatica a 5 milioni di Euro (contro i 220 milioni di cui s’era parlato: anch’essi sono riferiti al
    volume d’affari complessivo delle società coinvolte, sempre gonfiato da operazioni inesistenti).

    È stato anche accertato che la frode si è protratta da ottobre 2007 ad agosto 2008 e ha riguardato esclusivamente orzo, mais e soia per mangimi, girasole,
    farro, 2 partite di frumento e delle mele da purea.

    Il perimetro della frode (che innegabilmente c'è stata, ma si palesa più come “frode fiscale” che come “frode biologica”), va assai ridimensionato.

    Ciò non basta a rasserenare le 47.658 aziende perbene e le oltre 300.000 persone che lavorano nel settore biologico italiano (che sono parte lesa e attraverso le loro organizzazioni stanno costituendosi parte civile nel
    processo), ma dà almeno la dimensione corretta.

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  4. Rispondo a Paolo Giovanni Alberto, in difesa del lavoro serio dei collaboratori degli Organismi di controllo , dicendogli che questi fatti accadono anche ed anzi di più, anche nel pubblico, vuole trasmesso l'elenco dei funzionari pubblici "non pagati dai controllati" messi agli arresti per truffa e corruzione? Si risparmi questi luoghi comuni e si informi sul lavoro serio e sul servizio reso alla collettività ad un costo le garantisco, 1000 volte inferiore a quello del pubblico .

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  5. Paolo Giovanni Alberto26 dicembre 2011 alle ore 19:23

    Rispondo ad Anonimo: oltre che senza nome mi sembra anche scarsamente attento. Se rilegge il post noterà l'assenza di luoghi comuni (parlo di qualche mela marcia e la battuta su qualche tonnellata rimane tale e di fango su enti e produttori). Vorrei informarla peraltro che da 10 anni sono in regime di coltivazione biologica certificata e prima di me, in altra azienda lo è stato mio padre per altrettanti anni.
    La informo inoltre che in tutti questi anni mi sono rifiutato di accedere alle contribuzioni previste proprio perchè non mi sento garantito da questo sistema.
    Forse è stupido ma mi fa star meglio con la mia coscienza pur rinunciando a qualche migliaio di euro che le assicuro mi avrebbero fatto più che comodo. Il mio auspicio è che si arrivi ad una certificazione derivata dalla collaborazione fra professionisti del controllo (come vede non ce l'ho con gli ispettori in generale), produttori e consumatori.
    Orsù quindi, si rassereni e magari prima di emettere sentenze chieda e le sarà garbatamente risposto
    buone feste
    Paolo Giovanni Alberto
    P.S. Per prevenire un'inutile polemica sull'anonimato, il mio nome è reale, manca solo il cognome ma se vuole può avere i miei recapiti dal dott. Vigo

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  6. Un articolo è stato pubblicato su L'Espresso della scorsa settimana, questo l'incipit dal sommario sul web: "I furbetti della biotruffa - Ben 700 mila tonnellate di prodotti con finti marchi. Grazie a controllori complici. Che ingannano chi crede nei cibi naturali ..." e qui l'articolo completo "http://espresso.repubblica.it/dettaglio/ci-fregano-pure-con-il-falso-bio/2169756".
    I dati riportati nell'articolo (a mio parere in modo generico) cozzano con quelli analiticamente descritti dal Sig. Roberto Pinton nel post pubblicato qui più in alto. Una dichiarazione sulla vicenda è stata pure pubblicata sul sito di Suolo e Salute. Insomma tanta attenzione che, in un Paese come il nostro dove chi reimpatria i propri capitali abusivi resta anonimo e quasi non paga dazio, mi pare di per se una buona garanzia per i consumatori o, in virtù di una non confessata fede metodologica scissionista, si vuole scatenare una guerra tra poveri ad ogni costo? Chi truffa lo fa in genere nel settore che meglio conosce e qui di truffa si tratta, di una volgarissima truffa.

    P.S.: per la cronaca, tutti hanno sottolineato che non è stata messa a rischio la salute dei consumatori. Amen.

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  7. Paolo Giovanni Alberto27 dicembre 2011 alle ore 14:51

    Gentile Brancolatore,
    concordo assolutamente che chi truffa lo fa generalmente senza alcuna considerazione dell'ambito in cui opera. Io semplicemente non condivido, e come me Le assicuro la pensano in molti, l'attuale sistema di controllo. A mio parere il sistema dovrebbe essere più libero dal punto di vista burocratico e più rigoroso dal punto di vista dei controlli. Un sistema che preveda anche il diretto coinvolgimento dei consumatori (magari tramite le varie associazioni?) potrebbe ridurre ancor più i rischi di imbrogli e far meglio conoscere le produzioni locali. Nessuna guerra fra poveri, semplicemente il desiderio di vedere un sistema magari non infallibile ma più sicuro. In 10 anni di attività ho avuto per la prima volta quest'anno un' analisi del frutto e da consumatore non mi sento garantito.
    Se devo dirla tutta, egoisticamente questa storia per me è stata un vantaggio; La mia è una piccola azienda che fa principalmente vendita diretta e/o a km 0, le persone mi conoscono ed ancor di più si fidano di me piccolo coltivatore piuttosto che della grande struttura, ciò non toglie che comunque, in generale, il danno di immagine con le relative conseguenze ci sia stato.
    cordialmente e buone feste
    Paolo Giovanni Alberto
    P.S. Nel mio post iniziale non ho mai preso in considerazione la truffa alimentare (che pure esiste), ma certamente un maggior esborso di denaro

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  8. Gent.mo Paolo Giovanni Alberto
    (con un nome così lungo, secondo l’assioma Troisiano, da bambino Lei sarà stato sicuramente monello - mi perdoni la battuta scontata) è ovvio che tutto è perfettibile e le regole, per definizione, possono anche esser cambiate; ricordo che le ultime modifiche sono relativamente recenti.
    I controlli.
    Per quanto mi riguarda ho avuto modo di assistere a campionamenti per successivi controlli analitici su iniziativa degli O. di C., degli I.P.A., delle Condotte, dell’Agea, dell’Osservatorio e di Clienti riutilizzatori.
    Se la propria azienda non rientra in un qualsiasi piano di campionamento è comunque libera di fare effettuare il controllo analitico (almeno in ragione di uno/anno/prodotto) anche ad un laboratorio di fiducia purché accreditato per la bisogna; il problema vero, forse, è che tali analisi hanno un costo e, tranne nei casi in cui si commercializza normalmente con la G.D.O. o si è soci di una Coop., raramente l’azienda agricola agisce di propria iniziativa in tal senso non tenendo conto che l’esigenza di un “autocontrollo” oltre che utile sarebbe anche auspicato da varie norme vigenti in materia.
    Sono d’accordo con Lei sull’esigenza di snellire l’apparato burocratico su cui si regge il sistema dell’agricoltura biologica ma, come scrissi in tempi antichi in una “lettera al direttore” di un agguerritissimo periodico, nei casi di truffe agricole “non si può fare di tutta l’erba un fascio” (vedo che lo ha detto anche "GranBIO" in un post qui sopra).
    Ma, alla base di tutto, come sempre, ci sono l'onesta intellettuale e l'etica professionale; venendo meno questi fattori anche il migliore dei sistemi diventa fragile ed aggirabile e le nostre restano parole gettate al vento.

    Interloquire con Lei è un vero piacere e contraccambio molto volentieri i Suoi graditi auguri.

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