Riporto, facendo un sonoro copia/incolla, una lettera pubblicata ieri sulla rubrica 'lo dico a la sicilia' a firma di Salvatore Arcidiacono.
«Non graminacea ma verdura selvatica»
Leggo su La Siciia di domenica 25 un articolo in cui si dice come alcune incaute persone siano incorse in un grave avvelenamento, ingerendo foglie della velenosa mandragora, scambiandola per una innocua verdura mangereccia. L’estensore dell’articolo chiama quest’ultima con l’appellativo di “segale”, suscitando in me grande perplessità in quanto ritengo come sia assurdo il pensare che gli avvelenati avessero scambiato la mandragora, pianta dalle foglie larghe ed appresata al suolo, con la segale, che è una graminacea, sul tipo del frumento, e perciò fornita di uno stelo svettante, con foglie lineare ad esso avviluppate. Credo che si sia incorso in un equivoco dialettale, in quanto che la pianta innocua in questione sia la comunissima bieta, che, nella Sicilia orientale, porta il fitonomo dialettale di secala. Vedura selvatica che, d’altron de, in altre parti dell’Isola è denominata con gli appellativi vernacoli di gira, geri, geti, billeti aggiti, zarchi o salichi.
SALVATORE ARCIDIACONO
Resta il fatto, secondo me, che oltre a non conoscere bene le erbe che si raccolgono, spesso si raccolgono 'furtivamente' in zone dove non si sa proprio nulla dei trattamenti che vi sono stati effettuati, pur rimanendo nella sfera dei trattamenti autorizzati.Quindi:
- diffidare di chi vende verdure 'di campagna' per le strade, poichè è indubbia la provenienza
- non avventurarsi nelle campagne altrui, poichè si potrebbe incorrere in verdure apparentemente innocue, ma con residui di fitofarmaci
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