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Arance: una annata da dimenticare (da cancellare)

Non aggiungo altro a quanto fin qui detto in questi mesi. Una annata da dimenticare, e basta.
Riporto due estratti pubblicati ieri dal quotidiano LA SICILIA.

Ecco cosa scrive il sig. Marcello Ingrassia:
«Arance rosse, grande bellezza»
Vi scrivo perché siete, in qualche modo, quelli che hanno dato il primo input a questa mia riflessione. Nell'ottobre scorso, sono rimasto colpito dalla visione positiva dell'imprenditrice Susanna Ragusa che, per valorizzare le fantastiche arance rosse siciliane (anche nelle pezzature piccole e meno commerciabili), aveva ideato la spremuta in tetrapak. Un'idea, secondo me, splendida: utilizzare la nicchia del prodotto d'eccellenza e non replicabile da altri competitor (visto che le moro e le tarocco sono un'esclusiva siciliana) per poi allargare la stessa nicchia verso un consumo più di massa che potesse assorbire l'enorme produzione. Ero entusiasta, mi sono detto che finalmente in Sicilia qualcuno aveva cervello e voglia per cambiare qualcosa. Poi ieri sono andato a fare un giro in moto partendo dalla mia Alcamo per godermi zone lontane da casa. Sono finito a Mineo, per strade costeggiate da aranci stracarichi e sorridendo felice, immerso in un fortissimo profumo d'agrumi. In paese avevo voglia di una spremuta ed ho chiesto in molti dei bar aperti del centro. Tutte persone sorridenti e gentilissime che, però, hanno allargato le braccia e hanno risposto che non avevano arance. Le stesse arance che ho visto a terra a nemmeno 5 km di distanza! Da lì l'amara riflessione: se abbiamo l'oro e siamo i primi a non riconoscerne il valore, di che ci lamentiamo? Ne abbiamo tanto che diventa antieconomico produrlo. Invece di valorizzarlo, va a finire che lo si svende alle catene della grande distribuzione organizzata e io, che sono a 200 km di distanza, devo andare a comprare le tarocco al Lidl al prezzo insultante per il produttore di 1,19 euro nella rete da 1,5 kg. Arance raccolte da chissà quanto tempo, ovviamente, così ci perdiamo tutti tranne il Lidl. Oppure lo si distrugge, per non farne scendere ulteriormente il prezzo. L'opportunità diventa addirittura un problema. Tutto ciò è sconfortante. Siamo un popolo sempre pronto a chiedere aiuti, ma nello stesso tempo sempre pronto a lavorare e faticare. Siamo un popolo pieno di contraddizioni, ma generoso e ricco di virtù. Perchè non mettere a frutto le risorse uniche che abbiamo, senza per questo svenderci e svilirci? Apriamo gli occhi sulla bellezza, la Grande Bellezza delle nostre cose siciliane, a partire dalle arance. Non so che fortuna abbia avuto Susanna Ragusa con la sua idea, ma sono ancora convinto che qualcosa si possa fare, per battere la crisi e per fare della Sicilia quel luogo paradisiaco che potrebbe essere.
Marcello Ingrassia

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