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Pantano Gelsari: da vittime a perseguiti

Dopo i furti delle pompe idrovore, dopo gli allagamenti che hanno provocato infiniti danni agli agricoltori della piana di Gelsari ecco che l'Assessorato Territorio e Ambiente della nostra regione ci riprova: una sorta di punizione a chi era vittima della stessa Regione
L'ing. Francesco Sorge scrive assieme a Martino Signorelli 
A partire dagli anni ’30 del secolo scorso nella zona degli antichi pantani Lentini e Gelsari sono state eseguite imponenti opere di bonifica. Ciò ha profondamente modificato l’originario assetto dei luoghi riducendo parte delle zone depresse per effetto di colmate o di opere idrauliche e di infrastrutture viarie. I terreni del comprensorio di bonifica risultano ormai protetti dalle acque di piena dei fiumi San Damiano e San Leonardo attraverso la completa arginatura dei loro alvei e dalle acque ruscellanti dalla collina di San Demetrio attraverso la costruzione del collettore ‘Acque alte’. La pianura è divisa in due comprensori di bonifica dalle arginature del fiume San Leonardo: il comprensorio di Lentini a nord e quello di Gelsari a sud. Le acque meteoriche vengono smaltite in entrambi i comprensori da un sistema di canali consortili che le raccoglie nelle due rispettive vasche centrali dalle quali per mezzo di impianti idrovori le stesse sono sollevate all’interno dell’alveo del fiume San Leonardo a circa 1 km di distanza dalla foce.
Sin dagli anni ’70 e ’80, il funzionamento delle arginature dei fiumi e del sistema di raccolta e sollevamento delle acque meteoriche ha assicurato la sicurezza dei luoghi e lo sviluppo agricolo ed economico del territorio. Tutta l’area degli attuali comprensori di bonifica, estesa in complessivi 23 km2, viene attualmente sfruttata ad uso agricolo, commerciale e/o abitativo.

Purtroppo, a causa della mancanza di fondi e soprattutto a causa di una totale incoerenza gestionale, l’Amministrazione Regionale non ha investito né nella manutenzione degli impianti idrovori né nella pulitura degli alvei dei fiumi. Il servizio di sollevamento delle acque meteorichesi è così interrotto a causa di furti di rame, di attrezzature e impianti oltre a vari malfunzionamenti. Ciò ha provocato gravi e prolungati allagamenti nei terreni dei due comprensori. Per sei lunghi inverni (dal 2006-07 al 2011-12) i terreni dei comprensori hanno subìto gravissimi danni da allagamento.

Le acque meteoriche sommate a quelle esondanti dai fiumi San Leonardo, San Damiano e dal Collettore Acque Alte hanno soggiornato sulle coltivazioni degli agricoltori e nei salotti di casa degli abitanti per settimane se non addirittura per mesi durante quegli sciagurati inverni.
Soltanto dopo infinite proteste da parte di abitanti e agricoltori ed a seguito delle prime sentenze di condanna contro la Regione Sicilia ed il Consorzio di Bonifica emesse dal TRAP (tribunale regionale delle acque pubbliche), l’Amministrazione Regionale ha finalmente trovato i fondi ed ha ripristinato gli impianti idrovori.

I prolungati allagamenti hanno devastato il territorio agricolo ed urbano. Le coltivazioni dei seminativi venivano sistematicamente distrutte, mentre centinaia di ettari di agrumeti, oliveti e frutteti morivano lentamente per marciume radicale. Gli allagamenti sono stati talmente intensi che persino interi filari di alberi di Eucaliptus sono morti a causa del marciume radicale. I fossati aziendali e consortili si sono riempiti di fango ed erbe infestanti ritardando così ulteriormente il deflusso delle acque.

Il prolungato ristagno di questi specchi d’acqua ha però consentito un rigoglioso sviluppo di splendide associazioni di piante igrofile ed è stato un incantevole richiamo per una variegata quanto meravigliosa serie di specie di uccelli acquatici i quali hanno inteso insediarsi dove prima veniva coltivato il grano, dove si producevano le arance e dove abitavano i residenti dei villaggi all’interno dei comprensori di Gelsari e Vaccarizzo i quali sono stati costretti nei mesi invernali a traslocare in case in affitto o rimanere al primo piano delle loro abitazioni allagate ed uscire per andare a lavoro con canotti o barche a remi.

L’associazione Legambiente Catania, entusiasta della insperata involuzione del territorio si è subito attivata per far sì che gli allagamenti diventassero permanenti.
  
L’Assessorato Territorio Ambiente e la Commissione Regionale CRPPN si sono mossi tempestivamente per dare pronta risposta alle proposte di Legambiente e far sì che gli impianti idrovori in fase di ripristino non  venissero più riattivati.
Con il DDG n°416 del 23 luglio 2012 è stato apposto un vincolo ambientale su una parte del comprensorio che abbracciava 10,84 km2. Dei complessivi 23 km2 di comprensorio di bonifica sono stati scientemente esclusi gli agrumeti, le abitazioni, le due cave di sabbia ed il campo di golf. Sono stati invece inseriti i terreni seminativi, definendoli “ex coltivi”, terreni abbandonati a causa del loro scarso valore produttivo!

A seguito di ordinanza cautelare emessa dal TAR Catania a favore di abitanti e agricoltori ricorrenti l’Assessorato Territorio Ambiente con il DDG n°35 del 31 gennaio 2013 ha inteso modificare i termini del vincolo ambientale ordinando al Consorzio di bonifica di mantenere umide solo talune zone del comprensorio ostruendo alcuni fossati principali ed evitando al contempo però di allagare le limitrofe abitazioni e le coltivazioni di agrumeti attraverso la messa in funzione degli impianti idrovori ed il mantenimento dei livelli idrici di sicurezza nei comprensori.

Infine con Nota n°22111 del 13 maggio 2013, senza alcun apparente metodo logico o scientifico, l’Assessorato ha determinato i perimetri della zona A, dove è previsto il divieto di accesso assoluto e l’allagamento dei terreni e quelli della zona B, dove sono consentite attività agricole, turistiche, ricreative e sportive facendo pubblicare all’albo pretorio dei comuni interessati il nuovo regolamento e la planimetria relativi alla “proposta” di nuova riserva.

Ad oggi però, né l’associazione Legambiente né tantomeno l’Assessorato Territorio Ambiente si sono confrontati coi gli effettivi problemi che un allagamento di quelle zone può comportare.Data la natura permeabile dei terreni non è possibile accumulare acqua attraverso semplici arginature o occlusioni di fossati  su porzioni di comprensorio mantenendo asciutte altre parti. La trasmissività dell’acqua nel  sottosuolo fa sì che in breve tempo torni a formarsi un unico livello idrico su tutto il comprensorio.Pertanto o si allagano i seminativi assieme alle abitazioni ed agli agrumeti, o si mantiene asciutta l’intera zona.

Anche nella eventualità in cui si volessero spendere ingenti somme per bloccare il flusso di acqua sotterraneo al confine fra le zone da mantenere umide con quelle da lasciare asciutte, l’accumulo di volumi di acqua all’interno delle zone umide acuirebbe i già rilevanti rischi idraulici che insistono sulla zona. A causa della mancata cura degli alvei dei fiumi per la cronica mancanza di fondi regionali  anche la golena del San Leonardo si trova in pessimo stato di conservazione: numerosi alberi, dune, cumuli di canne e detriti vari ostacolano il deflusso delle acque nei momenti di piena. Esondazioni del fiume San Leonardo e del San Damiano sono pertanto prevedibili con tempi di ritorno abbastanza ravvicinati.  Durante questi rari quanto ineluttabili eventi, ogni m3 di acqua che è stato trattenuto in precedenza sulla piana diventa potenzialmente un m3 in più che andrà a devastare il territorio portando distruzione e morte. Mantenere inondati centinaia di ettari accumulando così ingenti volumi di acqua a quote anche più elevate delle abitazioni senza eliminare prima ogni tipo di rischio idraulico è un operazione del tutto irragionevole.

Infine, anche qualora si trovassero i fondi per eliminare del tutto il rischio idraulico attraverso il rifacimento degli alvei ed il rafforzamento delle decine di chilometri di arginature, il mantenimento di specchi di acqua palustre ad una distanza tanto ravvicinata a grandi agglomerati di case nei quali durante il periodo primaverile ed estivo risiedono migliaia di persone comporta gravi pericoli per la salute pubblica. La popolazione umana residente è soggetta a rischi sanitari elevati dovuti alla proliferazione di diverse specie di zanzare le quali trovano nelle acque stagnanti delle zone umide il loro habitat ideale per proliferare.

In Conclusione:
La proposta di istituzione della riserva ideata da Legambiente anche nella versione apparentemente più accomodante  dell’Assessorato Territorio Ambiente non ha i requisiti tecnici di attuabilità.
Qualora miracolosamente si trovasse la maniera per mantenere umide unicamente le zone prescritte, l’aumento del rischio idraulico per il resto del comprensorio diventerebbe intollerabile.
Ed infine, anche se si ponesse rimedio al rischio idraulico attraverso costosissimi interventi, il rischio sanitario per la popolazione umana residente nei Villaggi dei comprensori di Gelsari e Vaccarizzo, costretta ad abitare accanto a terreni palustri infestati da popolazioni di zanzare, sarebbe insopportabilmente elevato.
 Francesco Sorge & Martino Signorelli

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