Ricevo da un collega del "calatino" una email sulla chiusura dell'Istituto Tecnico Agrario di Caltagirone.
Dal settembre 2012 l'Istituto Tecnico Agrario "Cucuzza" di Caltagirone è stato chiuso e trasferito presso altra sede. E' di alcuni giorni fa la notizia che la sede storica, che ha formato una miriade di professionisti provenienti da ogni angolo della Sicilia, ha subito gravi atti vandalici.
L'imponente struttura, per oltre cinquant'anni, dotata di laboratori, di un convitto per ospitare gli studenti fuori sede e di un'azienda dove era possibile sperimentare le coltivazioni e dalla quale sono state brevettate cultivar olivicole di raro pregio, oggi è inservibile.
Il "Cucuzza" è stato a lungo una piccola università per via della straordinaria dotazione strumentale e per i piani di studio che davvero poco hanno da invidiare ad un'ateneo. Poi una lenta decadenza, che viene da lontano, dove le iscrizioni cominciavano a declinare, dove l'aggettivo "agrario" sarebbe stato, secondo alcuni "miopi" burocrati, simbolo di scarsa cultura per i giovani. Eppure guardando i piani di studio, di cultura se ne respira molta negli ITA, dalle discipline agronomiche, a quelle zootecniche, a quelle economiche ed estimative, a quelle ingegneristiche, a quelle di base come l'italiano, la storia e la matematica. Il tutto è concentrato in un corso quinquennale per un carico di ore di lezioni non indifferente, tale da potere fornire agli allievi strumenti teorici, pratici e professionali, di elevato profilo.
Oggi cosa è accaduto? Prima la perdita dell'indipendenza amministrativa della scuola, poi il trasferimento di sede presso l'ITG a causa degli edifici ormai decadenti, scollando di fatto il rapporto privilegiato che gli allievi hanno avuto col binomio scuola-azienda e poi il nulla.
E' probabile che il disinteresse istituzionale sarebbe sorto dalla sbagliata equazione AGRICOLTURA=ARRETRATEZZA, dove i modelli sociologici dell'ultimo trentennio artificialmente avrebbero dato ragione ad una società malamente terziarizzata. L'agricoltura non è e mai sarà arretratezza, essa è anzi cultura, sviluppo economico, sostenibilità ed anche l'elemento che più ha caratterizzato l'armonia e la connotazione dei nostri paesaggi.
E' certo che in molti casi il settore primario non si è adeguato ai tempi attuali, tuttavia va necessariamente ammodernato; lo chiede l' Unione Europea, lo chiedono i mercati internazionali e lo chiedono i consumatori alla ricerca della sicurezza alimentale.
L'agribussines a monte ed a valle del settore agricolo inoltre, muove un volume d'affari incredibilmente elevato, dall'industria che fornisce i mezzi per la produzione e l'organizzazione aziendale, all'edilizia moderna, alle fasi della manipolazione e trasformazione dei prodotti agricoli, al marketing ed alla cooperazione. E chi dovrebbe gestire comparti, filiere e produzioni se non personale idoneo e competente? Com'è possibile creare professionalità senza potere formare adeguatamente le giovani generazioni?
Ed ecco che tornano essenziali i corsi di studio legati agli Istituti Tecnici Agrari accanto alle Facoltà di Agraria, dove la ricerca, la conoscenza dell'economia e della politica agraria, del marketing e della cooperazione in agricoltura, le competenze in ambito idraulico-ingegneristiche e delle industrie agrarie, per non parlare degli aspetti delle coltivazioni e della patologia vegetale, faranno la fortuna, senza condizionali, del rilancio dell'economia nazionale e siciliana.
Allora quella maltrattata struttura di c.da Cappuccini a Caltagirone che un tempo fu uno degli ITA più importanti d'Italia, dovrà necessariamente tornare a risplendere per dare ai figli del nostro territorio un'istruzione specifica e probabilmente un futuro. Non possiamo perdere un presidio, un contenitore di sapere, un'occasione, un valore aggiunto che domani farà la differenza per ridare slancio e nuova fertilità economica al nostro comprensorio.
Caro collega hai centrato perfettamente le problematiche degli Istituti agrari, che al sud stanno "morendo" tutti ( ti parlo da docente di un ITA della Calabria) soprattutto per la miopia dei nostri politici e anche per colpa nostra che non ci facciamo sentire adeguatamente ed abbastanza, questi Istituti si caratterizzano per avere delle peculiarità che altri istituti non hanno "le aziende agricole" e queste non possono essere accorpati con ragionieri e geometri o licei( che essendo istituti più grandi la fanno da padrona) con presidi che li dirigono che sono incompetenti nelle specifiche materie, che quando gli parli di "sfemminellatura" delle piante di vite si mettono paura e pensano ad un "femminicidio" e che guardano solo al profitto immediato e non sanno i tempi e le complicazioni che ci sono in agricoltura definita da sempre "industria a cielo aperto" problematiche che non ci sono in nessuna altra attività( provate a chiedergli di comprare un trattore di ultima generazione 50-60 mila euro ,parliamo due linguaggi diversi incomprensibili che ci stanno portando a disperdere un patrimonio culturale e colturale difficilmente recuperabile nel breve e medio periodo . Bisognerebbe riflettere e chiedersi come mai alcuni istituti del Nord incrementano gli iscritti e quelli del sud chiudono? Vedi IASMA di Michele all'Adige.Ti ringrazio per portare all'attenzione queste problematiche almeno per prendere coscienza di quale sono le nostre potenzialità e quali sono le nostre responsabilità , sperando in un futuro migliore per i nostri giovani e per la nostra agricoltura (ricordiamoci sempre che noi siamo ciò che mangiamo) .
RispondiEliminaVincenzo docente IPSAA