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Post raccolta si, post raccolta no? 3°

Oggi pubblico "l'ultima puntata" della email ricevuta sul post raccolta.

Guarda quante sostanze attive il cui residuo è definito su agrumi; di seguito: propiconazolo, tiabendazolo, imazalil, fosetil-al, pirimetanil, procloraz, myclobutanil. Le suddette sostanze attive, ripeto ancora una volta con residuo armonizzato in EU, sono tutte registrate con vari formulati commerciali in Spagna e in altri paesi (extra UE compresi) per l’uso in post raccolta contro penicillium e/o phitophtora, geotrichum con modalità varie di utilizzo. In Italia? Solo imazalil e tbz. Riporto solo un esempio per maggiore chiarezza, perché e su questo concetto che si fa confusione.

Il propiconazolo (ampiamente utilizzato su altre colture) è un fungicida con azione su Penicillium e su Geotrichum, il limite su agrumi per la legislazione europea è di 6 ppm (Reg.500/03). In Spagna è possibile l’utilizzo su agrumi in quanto un formulato commerciale è stato registrato il “Melanite”; in Italia, invece, non esiste nessun formulato commerciale registrato contenente la sostanza attiva citata. La conseguenza è che l’operatore italiano non lo può usare, quello spagnolo invece si e può esportare il proprio prodotto non solo in tutta europa, ma anche in USA (filiera lunghissima)  dove il limite è fissato a 8 ppm. La Spagna esporta, l’Italia cosa fa? sta a guardare. La Spagna secondo te fa concorrenza sleale? Non credo proprio. Anzi tu hai avuto e hai modo di vedere in commissione come i “tanti” tecnici spagnoli presenti difendono i loro interessi.

Ci si scaglia sempre contro i nostri competitors di turno siano  Spagnoli, piuttosto che Argentini, o Sud Africani o ancora Turchi o Marocchini i quali sono, invece, allineati e coperti in quanto posti al controllo della GDO europea sempre più esigente che sempre di più si rivolge, guarda caso, a quei mercati. Per non parlare delle loro organizzazioni commerciali e delle loro "packhouse" tenute in ordine, nel rispetto della catena del freddo, delle buone pratiche di lavorazione e più pulite di casa mia. Ma io mi chiedo perché tutto questo? Forse per mascherare il nostro ritardo? La nostra assoluta carenza nella ricerca (fatta eccezione per il compianto Dott. Lanza)? La nostra incapacità di fare impresa di gruppo e incidere a livello decisionale? La nostra incapacità di confrontarci con i mercati internazionali? L'essere convinti di essere i numeri uno quando invece il resto del mondo ci ha in pratica surclassato? La verità è che abbiamo perso la leadership nell'export che un tempo avevamo e mi viene da dire che alla crescita colturale non è seguita quella culturale. Eravamo ancora studenti quando venne pubblicato il manuale pratico di agrumicoltura della Reda autori Maldini e Intrigliolo, leggi il capitolo VIII “Commercializzazione”, praticamente non è cambiato nulla, correva l’anno 1977. Questo è quello che penso e che ti ripeto come ben sai da anni, frutto non del sentito dire, no notizie di seconda o terza mano, ma dall’esperienza diretta che ho maturato e da ciò che ho visto e continuo a vedere ogni anno in prima persona e fuori dal nostro contesto territoriale. 

Commenti

  1. Gentile dr. …………… premetto che sono anche un produttore di agrumi, e che tutto farei che “gettarmi la zappa sui piedi”.
    Rimango attonito nel leggere questa ultima parte della sua “commedia”. Inorridisco nel sentirle sostenere che la causa della nostra inferiorità nei mercati dipende quasi esclusivamente dalla possibilità di utilizzare determinate porcherie nel trattamento post-raccolta della frutta o nel ciclo di produzione.
    Anziché battersi a spada tratta nel sostenere la relativa genuinità dei nostri prodotti, piagnucola il fatto di non poter utilizzare determinati prodotti potenzialmente pericolosi per la salute.
    Come se in un mondo di delinquenti il fatto che non gli venga permesso nel suo paese di delinquere lo fa sentire handicappato nei confronti del resto del mondo
    E’ a causa di gente che la pensa come lei (intendo in ogni campo) che oggi nel mondo le malattie tumorali hanno un’elevata incidenza nei paesi cosiddetti industrializzati.
    I commenti a cui lei si riferisce nell’epistola inviata al dottor Vico , a suo dire, “… errati, fuorvianti e spesso lesivi al settore agrumicolo”, credo, non vorrei sbagliarmi, almeno uno di questi commenti l’ho scritto io nel post pubblicato sul blog in data 21/12/2014 dal titolo “Api in affanno”.
    Premesso che l’oggetto a cui mi riferivo in quel commento era l’uso e abuso di determinate categorie di insetticidi, (anche se autorizzati, nei modi e nei tempi, dalle autorità competenti) in agricoltura in generale non specificando in agrumicoltura o qualsivoglia altro settore agricolo.
    --- segue---

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    1. Pertanto deduco, da quanto leggo nella sua lunga lettera, che purtroppo continua imperterrito a fare una certa confusione tra ciò che viene dalla Norma consentito utilizzare e l’assoluta potenziale non pericolosità dello stesso. Quello che mi lascia perplesso è la sua recalcitrante e rigida posizione a favore esclusivo dell’uso di determinate sostanze senza neanche farsi balenare in mente la possibilità di raggiungere gli stessi obbiettivi mediante procedure e tecniche alternative, nel caso del post-raccolta come la termoterapia o la fototerapia di ultima generazione, di sicuro meno offensive nei confronti dell’organismo vivente, ma altrettanto funzionanti, come ampiamente dimostrano diversi studi effettuati da alcune Università italiane (Università di Torino per quanto attiene la termoterapia) .
      Per quanto lei scrive “… come se fossimo difronte al tentativo di avvelenamento di massa,…” malgrado sono sicuro che la mia risposta susciterà in alcuni lettori delle sciocche risatine devo dirle di SI!
      Si signor dr. …… oggi l’industria agroalimentare e l’agricoltura esasperata ci stanno avvelenando a poco a poco, al di là delle norme che come sostiene lei stesso “spesso, per non dire sempre, sono gli stessi operatori/associazioni che si fanno promotori per la registrazione di un determinato prodotto proprio per andare incontro alle loro esigenze” molti operatori del settore non si fanno scrupoli ad utilizzare un determinato tipo di prodotto, anche se di dubbia pericolosità, tutto al fine di ottenere il massimo rendimento con il minimo sforzo.
      Lei scrive anche: “La legislazione deve essere letta ed interpretata, facendo differenza tra additivi alimentari e prodotti fitosanitari” bene! Giusto, andiamo per ordine;
      ---segue---

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    2. IL D.M. 31/3/1965 s.m.i. in cui vengono classificati gli ADDITIVI ALIMENTARI (citati da lei) stabilisce tali sostanze come: «Sostanze prive di potere nutritivo o impiegate a scopo non nutritivo, che si aggiungono in qualsiasi fase di lavorazione al a massa o al a superficie degli alimenti, per conservarne nel tempo le caratteristiche chimiche e fisiche, per evitarne l’alterazione spontanea o per impartire ad essi, oppure per esaltarne favorevolmente, particolari caratteristiche di aspetto, sapore, odore e consistenza»
      Molti additivi alimentari classificati tali, anche se ammessi in un primo momento dalla legge,(e chi sa quante porcherie ci hanno fatto mangiare), è stato poi scientificamente provato che possono provocare danni alla salute.
      Purtroppo non è possibile fidarsi al di là di ogni ragionevole dubbio, degli elenchi ufficiali delle sostanze consentite, poiché tali elenchi vengono periodicamente aggiornati e spesso vengono cancellati alcuni prodotti ritenuti in un primo tempo “sicuri” e successivamente dimostrati o sospettati essere nocivi o addirittura tossici, cancerogeni, mutageni ecc. e non sto qui ad erudirla quali sono in quanto non ho né la qualifica per farlo né tantomeno il tempo.
      Per quanto riguarda i prodotti fitosanitari il “caos” e la disinformazione regna sovrana soprattutto tra gli addetti ai lavori (agricoltori) spesso assistiti da “rizzittisti” (“ricettasti” quali agronomi, agro-tecnici e ancor peggio ignoranti rivenditori di prodotti per l’agricoltura) i quali propinano ricette con miscugli di formulati di ultima generazione al solo fine di un tornaconto personale.
      Anche se esiste una letteratura in merito ai tempi di decadimento di tali prodotti, diversi disciplinari che indicano la presenza minima ammissibile di prodotto riscontrabile nei frutti in vendita, il vizio di fondo sta nel fatto che viene trascurato negli studi l’impatto che hanno queste “minime quantità”, nel lungo periodo, nei processi ossido-riduttivi che avvengono nell’apparato digerente dell’essere vivente, trasformando tali processi in fermentativi con la relativa generazione di radicali liberi che come è risaputo sono causa di degenerazione dei tessuti e neoplasie.
      ---segue---

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    3. Ritornando al tema del post, l’esigenza del trattamento post-raccolta dei prodotti ortofrutticoli (RIBADISCO non specifico se agrumi o mele, pere o cetrioli) emerge principalmente, al contrario di quanto sostiene lei, non dal bisogno di non far deperire i prodotti in base alla durata del tempo di filiera, (corta, lunga, lunghissima,…..), ma nasce soprattutto da una questione meramente speculativa da parte dei commercianti della filiera, i quali “approfittano”, favoriti dai prezzi bassi, del periodo di massima offerta per accumulare prodotto all’interno dei magazzini e delle celle frigo, che spesso, al contrario di altre realtà estere, igienicamente non propriamente salubri, per poi poterlo smerciare il più tardi possibile, cercando in tutti i modi di mantenerlo edibile per poterne ricavare il massimo guadagno. Pertanto quanto sostiene lei che il trattamento post-raccolta è necessario con l’uso di determinate sostanze in una filiera lunga, risulta privo di fondamento, in quanto oggi le assicuro che con i mezzi di trasporto a disposizione, volendo, in 15 giorni un frutto fa il giro del mondo, e se aggiungiamo gli 11 giorni di quarantena, nel caso degli agrumi, previsti per la profilassi necessaria per evitare la trasmissione di determinate larve di insetti, per l’ingresso in certi paesi come il Giappone, si arriva ad un massimo di 25 giorni. Tempo che ben sopportano i frutti in ambiente a temperatura controllata.
      Di certo i prodotti agricoli che più si prestano a questo tipo di processi sono, oltre ai prodotti cerealicoli, i frutti così detti a-climaterici, ovvero che smettono di maturare dopo la raccolta, e che si prestano bene ad essere conservati, con le dovute accortezze ovviamente, per un periodo anche di diversi mesi. Fanno parte di questa famiglia anche gli agrumi.
      Pertanto quando leggiamo un’etichetta con la dicitura “buccia non edibile” di sicuro la provenienza dei frutti nella maggior parte dei casi non è nazionale ma se cosi fosse significa che sono stati trattati con E904 (gommalacca), E200 (acido sorbico) o enilconazolo (antimuffa) e quindi, nel dubbio, meglio diffidare e indirizzare l’attenzione su una partita di frutto nazionale che non riporta tale dicitura, possibilmente biologicamente certificato.
      E nel caso in cui mi appuntasse che l’acido sorbico non è altro che un prodotto di origine naturale estratto dalle bacche di sorbo, le ricordo che anche il succo di cicuta è un estratto naturale, ma vivamente NON gli consiglio di ingerire giornalmente, anche se in trascurabile quantità.
      Fortunatamente gli agrumi prodotti e commercializzati in Italia, sono i più sicuri frutti edibili rispetto a quelli che provengono da altri paesi anche comunitari, in quanto vige nel nostro paese una norma per il trattamento di tali frutti molto restrittiva che vieta nel post-raccolta l’uso di sostanze come il difenile, l’ortofenilfenolo, ecc. . e questo è il punto su cui battersi e quanto bisogna far capire agli acquirenti internazionali.
      ---FINE---

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    4. Egregio Sig.Castiglia,

      chi scrive è un agronomo che opera da un ventennio nel settore agrumicolo.
      Io non conosco il suo background culturale ma sicuramente da quello che scrive e dalla
      confusione e disinformazione che propina nelle sue risposte mi sembra che lei provenga da altri settori.
      Essere definito come agronomo "ricettarista" lo trovo offensivo per la categoria.
      Non sono perchè chi fà disinformazione e propina qualunquismo si paluda sempre dietro la frase "è scientificamente provato".
      No caro mio.. quando è scientificamente provato che un prodotto è cancerogeno o dannoso (sempre relativamente ai dosagi e alle assunzioni), il prodotto viene cancellato dall' EFSA (organismo internazionale di controllo cui fanno parte scienziati indipenenti di fama internazionale) dalla lista dei prodotti autorizzati.


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    5. ...segue
      Quello che lei sta facendo è solamente terrorismo mediatico

      Nel suo scritto purtroppo ci sono parecchie inesattezze ed errori che andrò di seguito ad evidenziare.

      1) La termoterapia o “curing” è inattuabile in un normale processo industriale in quanto richiede tempi di immersione non compatibili con i normali standard industriali. Inoltre i risultati ottenuti in
      laboratorio in ambiente quasi sterile non sono equiparabili a quelli ottenuti in una packing-house con livelli di contaminazione elevati. Daltronde la quasi totale assenza di applicazioni industriali è prova della sua presunta efficienza

      2) L’ipotesi dell'avvelenamento di massa si commenta da sola

      3) Non e vero che nelle attuali valutazioni tossicologiche si tiene soltanto conto della tossicità delle “ minime quantità” ma si tiene conto anche del cosiddetto “daily intake” (assunzione quotidiana) che varia al variare del tipo di frutta e della età di chi la ingerisce. Inoltre gli studi devono dimostrare che in seguito a processi ossidativi non si formino metaboliti secondari pericolosi.
      Ma questo lei non lo poteva sapere perché oltre a non essere un agronomo non è informato.

      4) Quando Lei sostiene che un container può attraversare l’oceano in 15 giorni dimostra che non ha mai esportato. I tempi minimi senza imprevisti e fermate sono di 30 giorni ma bisogna essere fortunati. Le navi non trasportano solo le “nostre arance” e hanno rotte che prevedono diversi scali.

      5) Quando leggiamo in etichetta “buccia non edibile” significa che il prodotto è stato trattato con IMAZALIL e non con un additivo alimentare o purtroppo con un altro fungicida.
      La pregherei visto che non è un agronomo di documentarsi meglio sulla legislazione.
      E se possibile su concetti di tossicologia come DL50 e differenze fra un additivo e un agrofarmaco.

      6) Il collega che ha scritto l’articolo che Lei ha commentato ha purtroppo ragione.
      La pregherei di farsi un giretto nei principali paesi esportatori di ortofrutta:Spagna, America, Israele, Turchia e vedere come processano la frutta in post-raccola, invece di arroccarsi in posizioni “manichee” che non sono di giovamento alla sua attività.
      La stessa produzione “biologica” ,originariamente, prima di snaturarsi e diventare anch’essa un business, era stata regolamentata non solo per motivi “salutistici” ma per favorire la filiera corta e il
      mantenimento di territori agricoli locali tendenti all'abbandono.
      Pertanto mi trovo perfettamente d'accordo con il collega: dimentichiamoci dell’export per alcune colture se non vogliamo effettuare trattamenti post-raccolta a andiamo a vendere la merce al

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    6. ....segue

      mercato locale

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  2. Dott. Castiglia dalla lettura delle tre puntate la persona, dottore o non dottore che sia, che si è spesa nello scrivere e manifestare il suo pensiero ha usato parole pacate e non offensive, ha espresso il suo punto di vista evidentemente frutto della sua esperienza. Rimango semplicemente inorridito nel leggere i Suoi 4 commenti con toni offensivi non solo per la persona che ha scritto definita da lei commediante, ma anche e soprattutto per le categorie degli agronomi e agrotecnici che col suo “sapere” ha infangato. Le rammento che la "tuttologia" è una brutta malattia.

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  3. Premetto che non era mia intenzione offendere nessuno. Aver scritto tra virgolette commedia era solo riferita alla pubblicazione a puntate, d’altronde necessaria data la lunga e-mail, e non per dare del commediante allo scrivente dell’epistola.
    Neanche era mia intenzione “infangare” un’intera categoria di professionisti, faccio presente che in ogni categoria, siano ingegneri, medici,avvocati, ecc. appartengono superficiali personaggi, i quali o per “ignoranza” ( nel senso letterale della parola = ignorare, non conoscere) o per un tornaconto di interessi, commettono stupidaggini a volte gravi. Pertando nei giornali si legge che collassano strade dopo una settimana, muoiono persone per diagnosi sbagliate, ……… chi più ne ha più né metta.
    Comprendo e non condanno, gli artigli tratti a difesa giustamente della categoria, ma consiglio anche un pò di autocritica.
    Certo ricevere l’accusa di essere un “disinformato talebano” poco mi tange, visto che a scrivere sono degli emeriti ANONIMI. Perlomeno il sottoscritto firma le sue affermazioni, giuste o sbagliate, assumendosi le sue responsabilità con nome e cognome. Se accusarmi di essere un terrorista, vi può fare stare bene, ma nello stesso tempo scuotere un po’ le coscienze mi sta bene pure a me.
    Non sono un dr Agronomo, quindi determinate mie convinzioni posso essere male interpretate, viziate, o addirittura scorrette. Pertanto Cosa c’è di tanto grave? Tocca a voi detentori della scienza convincermi del contrario, non sto pubblicando testi universitari o parlando in eurovisione. Sto solo esprimendo il mio punto di vista commentando su un Blog.
    Ma data la reazione credo aver toccato qualche nervo scoperto.
    Cordialmente
    Ciccio Castiglia.

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